Qual è la differenza
Per stabilire l’appartenenza di un titolo ad una delle due classi è necessario disporre di due eleme
nti: da un lato del prezzo dell’azione (P), cioè del valore assegnato alla società dal mercato, dall’altro dei risultati economici della società stessa. A partire da tali valori si possono costruire una serie di indicatori che sintetizzano le aspettative degli investitori relativamente alle potenzialità di crescita di ciascun titolo. Tra questi il rapporto tra Prezzo di mercato e Flussi di Cassa –Cash Flow in inglese- quindi l’indicatore P/CF, o il rapporto tra il Prezzo di mercato e gli Utili societari - Price/Earnings (P/E) in inglese- o ancora il rapporto tra Prezzo di mercato e Valore di bilancio - Price/Book (P/B) in inglese. Il rapporto P/E tiene conto degli utili – si tratta solitamente degli utili attesi dalla società per i successivi 12 mesi -; il P/CF utilizza le informazioni sui flussi di cassa della società (cash flow), mentre il rapporto P/B è un indicatore del differenziale tra il prezzo di mercato e il valore di bilancio del titolo. In altre parole, dato che secondo la teoria finanziaria il prezzo di un titolo incorpora le attese sugli utili futuri di una certa società, un elevato rapporto tra il prezzo stesso e i risultati effettivamente ottenuti dalla società, o l’entità della stessa (così come misurati da utili, flussi di cassa, o valore di bilancio), sta a significare che vi sono aspettative di una sua forte crescita negli anni a venire.
Le valutazioni più elevate che caratterizzano i titoli growth sono giustificate da una serie di motivi. Intanto l’appartenenza settoriale del titolo: il settore tecnologico, solitamente, presenta un numero elevato di titoli growth, poiché le attese su questo segmento del mercato sono di grande crescita per i prossimi anni e di conseguenza i prezzi dei titoli tecnologici incorporano tali attese. Anche molti titoli del comparto farmaceutico sono classificati come growth: questo perché i brevetti garantiscono una protezione agli utili delle società produttrici per diversi anni dopo l’innovazione e i prezzi di questi titoli incorporano pertanto la maggiore stabilità degli utili garantita agli investitori. I titoli value sono prevalentemente di società cicliche che presentano una certa volatilità dei profitti che viene automaticamente incorporata nei prezzi. Lo stesso avviene per i titoli industriali con una storia solida e buoni risultati nel passato, ma le cui prospettive per il futuro prevedono una crescita a ritmi moderati. Un chiaro esempio di quanto stiamo dicendo lo si può avere confrontando il P/E delle azioni Fiat a Piazza Affari (22 circa) con quello di Cairo Communication, società legata al mondo Internet quotata al Nuovo Mercato, che si aggira attorno ai 42.
Come scoprire queste informazioni utilizzando lo Style Box di Morningstar
Un buon punto di partenza per analizzare lo stile di gestione del proprio fondo, o del proprio portafoglio di fondi –se quindi è orientato più ai titoli value o a quelli growth- è lo Style Box di Morningstar, che correda le informazioni sui singoli fondi all’interno delle Schede sul sito. Lo Style Box, infatti, è una matrice a due dimensioni che indica quanto di un fondo è investito in titoli small-medium-large e quanto in titoli value-blend-growth, evidenziando così sia la capitalizzazione dei titoli sia lo stile di investimento scelto dal gestore. Morningstar calcola lo Style Box usando i rapporti P/CF e P/B del portafoglio del fondo: si tratta di indicatori più utili del P/E perché sono meno influenzati da eventi improvvisi che accadono all’interno delle società, come perdite impreviste e deprezzamenti inattesi. Inoltre gli utili societari, che vengono utilizzati all’interno del P/E, possono essere manipolati dalle società per ragioni fiscali o di altro tipo o possono risentire delle difformità legislative dei diversi Paesi e sono perciò meno utili in fase di analisi.
Su cosa conviene investire
Il giudizio del mercato relativamente alle prospettive di crescita delle diverse società non deve essere interpretato nel senso di una maggiore appetibilità dei titoli le cui aspettative di crescita siano maggiormente positive, ma piuttosto la distinzione value-growth può essere utilizzata per realizzare una più efficace diversificazione del proprio portafoglio. La correlazione tra le due tipologie di titoli infatti va riducendosi nel tempo e ciò significa che l’andamento negativo, supponiamo, dei titoli growth potrà con buona probabilità essere compensato dalle migliori performance della categoria value: i periodi di sovraperformance dei titoli growth si alternano cioè ai periodi di sovraperformance dei titoli value. Esempio evidente di tale situazione è quanto accaduto negli ultimi anni: se è vero che nella seconda parte degli anni ‘90 -e fino alla prima parte dello scorso anno- i titoli growth hanno performato meglio dei value, è altrettanto vero che chi si fosse contemporaneamente messo al riparo dalla maggiore volatilità della prima tipologia di titoli investendo parte del proprio portafoglio in titoli value, avrebbe evitato rischi inutili e capogiri da ribasso dei mercati .
Il Portfolio ai Raggi X nella sezione My Portfolio mostra lo stile di investimento del proprio portafoglio -value, growth e blend- e la percentuale del proprio portafoglio investita in large, mid e small caps.
L’analisi sulla gestione attiva a confronto con la gestione passiva è stata pubblicata il 23 aprile con il titolo “Gestito o non gestito”. L’analisi sui titoli small e large è stata pubblicata l’11 maggio con il titolo “Compro large o small”.
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