Meglio non seguire il mercato

Ericsson e Nokia, i due giganti delle telecomunicazioni, dominano il mercato norvegese. Ma Trygve Toraased, il gestore del fondo Fidelity Nordic, non li teme. Ai due giganti preferisce le società growth.

Niklas Tell, 14/06/2001 | 16:04
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Trygve Toraasen ha cominciato a lavorare a Fidelity come analista nel 1994 dove si è occupato della gestione del Nordic fund sin dal giugno 1998, a cui si è affiancata da quest'anno la gestione del fondo European Mid-Cap. Si tratta di due fondi domiciliati in Lussemburgo, ma venduti in pressochè tutti i mercati europei, ivi inclusa l’Italia.

Una delle maggiori società quotate sul mercato norvegese è Ericsson: ma non per questo il Nordic Fund vi investe. Toraasen, un money manager bottom up, ha deciso di vendere la sua partecipazione del 6.4% nella società di tlc già dal marzo di quest’anno. In questo modo il suo fondo risulta molto poco indicizzato dal momento che Ericsson pesa nell’indice di mercato per il 13%. "Potete leggere la mia opinione su Ericsson guardando la composizione

del portafoglio del fondo", ha esordito Toraasen.

E’ difficile gestire un fondo in un mercato come quello norvegese dove società come Ericsson e Nokia pesano rispettivamente per il 13% e il 28% dell’indice?

Molti fondi in Norvegia seguono il benchmark in modo più rigoroso di quanto io non faccia. Quando si prendono decisioni su una società come ho fatto io con Ericsson ci si può aspettare, in tempi diversi, implicazioni diverse, talvolta positive e talaltre negative. Certo, è difficile ammetterlo, ma se si vuole dare al cliente un valore aggiunto è bene seguire le proprie convinzioni anzichè seguire il mercato. Prendiamo il caso di Ericsson: credo che la società stia vivendo un momento difficile. Cosa devo fare allora? Se sono convinto sia necessario pesarla nel mio portafoglio anzichè al 6,4% al 5%, tanto vale ridurre il peso a zero.

Qual è l’impatto di questa decisione sul turnover del portafoglio?

L’impatto è stato consistente: Nokia ed Ericsson erano pesate nel portafoglio al livello massimo consentito, il 10% del patrimonio del fondo. Durante gli ultimi 12 mesi non è stato più così perchè ho cominciato a ridurre la loro quota e di conseguenza il turnover è cresciuto vertiginosamente. Ho colto un po’ alla volta le possibilità per alleggerirmi di questi due titoli, viste anche le loro dimensioni.

Utilizza molto il trading di breve per conseguire rendimenti migliori?

A seconda del mercato. Con la volatilità a cui abbiamo assistito, in cui le azioni salgono e scendono anche del 10% in una seduta in mancanza di nuove informazioni, fare trading, ovvero vendere e comprare piccole quote delle società, risulta premiante.

Su cosa basa le sue decisioni nella gestione del fondo?

Abbiamo 52 analisti qui a Londra che coprono i sei settori principali, con alcuni settori divisi in sotto settori. Il team di ricerca lavora su base mondiale, che significa per me avere accesso al lavoro di 230 analisti che coprono tutti i mercati mondiali.

Come vengono prese, nella pratica, le decisioni di investimento? Avete un comitato a livello centrale che decide l’asset allocation?

Sono completamente responsabile del portafoglio dei fondi che gestisco. Ogni tre mesi viene fatto un meeting con il direttore degli investimenti, ma informalmente ci sentiamo molto più spesso. Il direttore controlla il portafoglio per vedere se c’è qualcosa che non va: come il caso in cui io avessi scelto un titolo di cui Fidelity ha sollecitato la vendita. Il chief investment officer, in questo caso, chiederebbe il perché di una mia visione differente sul titolo, senza mai però chiedere direttamente la vendita dell’azione in portafoglio.

Come avviene il trading? Effettuate le operazioni direttamente o vi rivolgete a trader specializzati?

Abbiamo un desk qui a Londra su cui lavorano dieci traders e uno è dedicato esclusivamente al mio fondo: a lei mi rivolgo dicendole di acquistare azioni della società che scelgo in quote corrispondenti a un X% del patrimonio del fondo.

Se si guarda ai primi dieci titoli in portafoglio alla fine di marzo, spicca una preferenza per il settore bancario.

Quasi tutte le banche scandinave sono focalizzate sulla clientela retail e le attese sono di una consolidazione del loro business e di un futuro risparmio sui costi. Inoltre, le loro valutazioni sono attraenti se confrontate con i competitor europei.

E’ corretto dire che il Fidelity Nordic fund è più focalizzato sulla ricerca di titoli growth anziché di titoli value?

C’è un momento giusto per ogni titolo. Se hai in portafoglio titoli ciclici al momento giusto puoi arrivare a guadagnare tra il 50% e il 100%, anche se il fondo è focalizzato su titoli growth. Compro titoli growth se penso che il momento sia quello giusto, ma non li tengo mai in portafoglio a lungo.

Molte società norvegesi sono state acquisite e sono pertanto diventate internazionali. Lei ne ha in portafoglio?

Almeno il 75% del fondo deve essere investito in società norvegesi e quindi è facile che io abbia in portafoglio titoli che escono da un’operazione di takeover. Ma è sicuramente più profittevole trovare società che verranno acquisite e comprarle prima dell’acquisizione. Ci sono settori in cui le società scandinave sono troppo piccole per rimanere indipendenti e troppo piccole per acquistarne delle altre.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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