L'evidenza negli Usa
In generale, i fondi attivi che investono su società a larga capitalizzazione non riescono a superare l’indice. Durante gli anni 1993-1998, lo S&P 500 ha superato quanto a performance il 95% di tutti i fondi large blend statunitensi. Una dimostrazione implicita del fatto che chi inves
te in large cap difficilmente anticipa il mercato.
Questo perché è difficile per un gestore entrare in possesso di informazioni privilegiate rispetto al resto del mercato, almeno su titoli large. I fondi indicizzati che investono in large cap, dal canto loro, non hanno come obiettivo quello di superare i competitor, ma puntano sulle società più grandi cercando di replicarne l’andamento, a costi contenuti.
L'offerta in Italia
Cosa avviene in Italia, dove i fondi indicizzati vantano una storia molto più breve che negli Usa? Dipende dal fondo.
All’interno di ogni categoria, i fondi passivi autorizzati alla vendita in Italia non hanno in assoluto dimostrato performance più elevate rispetto a fondi del loro gruppo gestiti in modo attivo. Di sicuro c'è, però, che si sono dimostrati meno volatili e che hanno comunque registrato rendimenti vicini alla media della propria categoria.
I fondi passivi che investono sull’area euro, ad esempio, hanno perso dall’inizio anno il 22,9%, contro il 23,6% della media della categoria e anche a un anno i rendimenti sono piuttosto in linea: -29,3% per i fondi passivi contro il –29,6% registrato dalla media.
Meglio la gestione attiva se si punta su titoli small...
Analizzando i dati sui fondi americani che investono in società di piccole dimensioni, sono i fondi attivi a mostrare le performance più elevate. Tra le sub-categorie value, blend e growth i fondi legati a un indice hanno superato lo stile di gestione tradizionale solo nella categoria growth.
La spiegazione di una tale disparità è da rintracciarsi nella teoria sull’efficienza dei mercati, in base alla quale i segmenti dei mercati più inefficienti come quella dei titoli small o dei mercati emergenti sono caratterizzate da minore trasparenza. In questi mercati è preferibile affidarsi a un gestione attiva visto che qui il gestore ha maggiori opportunità di scoprire società relativamente sconosciute, magari con maggiori potenzialità di crescita.
Renee Clerix, gestore di Cordius Index fund, è d’accordo sul fatto che la gestione attiva di fondi che investono sulle società a piccola e media capitalizzazione offre vantaggi in termini di riduzione del rischio. “I titoli small sono più volatili e i money manager maggiormente bravi nello stock picking possono eliminare una porzione di questo rischio”, ha detto Clerix.
...e quella passiva per i titoli large
Anche Jack Bogle, il guru americano dei fondi indicizzati, ha dichiarato recentemente che alcuni indici non sono adatti per essere utilizzati come benchmarck di fondi passivi, quali appunto quelli che seguono l’andamento di società small come l’americano Russell 2000. Una delle spiegazioni è che il turnover medio dell’indice è del 40% annuo per circa 800 società, il che implica costi di trading elevati.
Il giusto mix
Secondo Marco Palacino, deputy general manager di Mellon Global investments in Italia, una strategia di mix del portafoglio con fondi attivi per le small cap e passivi per le large può funzionare negli Usa, ma non in Europa dove il mercato dei titoli small e mid cap non è così sviluppato come negli Usa. “Per i money manager europei la gestione attiva nel settore small Usa è molto difficile”, ha detto, “perché non hanno a disposizione ricerche recenti, il che significa un gap informativo di almeno un mese".
Per quanto riguarda i fondi che investono sulle società small, le società di gestione italiane hanno due opportunità, secondo Palacino. “Possono affidarsi ai migliori gestori attivi americani che si occupano di questo stile di investimento o possono usare un fondo indicizzato”, ha concluso, "visto che la strategia passiva può esser efficiente sia per le società a piccola capitalizzazione sia per le large cap".
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