Il fondo spazia su tutti i mercati emergenti dall’Asia all’America Latina, dal Pacifico all’Europa dell’est. Il nostro universo di investimento va dal debito pubblico alle obbligazioni corporate ed è sia in valuta locale sia in dollari.
Cerchiamo di allargare il più possibile il terreno di gioco con l’obiettivo di ottenere la correlazione minima tra gli investimenti, mentri i nostri competitor solitamente sono più legati all’andamento dell’indice JP Morgan EMBI+.
Il problema di una gestione legata al benchmark sui mercati emergenti
è che l’indice di riferimento è molto concentrato, con una esposizione di circa il 70% sull’America Latina. E’ sufficiente che questa area soffra problemi di vario genere che l’indice realizzi perdite consistenti. E su questi mercati, estremamente ciclici, le crisi sono ricorrenti. Una gestione ancorata al benchmark non consente di evitarle, mentre una gestione dinamica offre margini di manovra maggiori.
Quindi gestisce contro corrente...
E’ nostro obiettivo ottenere un rendimento totale annuo tra il 10 e il 15% con una volatilità limitata nell’ordine del 9-10%. Cerchiamo anche di non chiudere nessun anno solare in perdita. Entrambi questi obiettivi sono sempre stati raggiunti dalla nascita del fondo nel 1995.
In realtà attuiamo una gestione molto dinamica, cosa che ci ha permesso di evitare una serie di crisi: Asia del 97, Russia del 98, Brasile del 99, Turchia e Argentina del 2000 e 2001.
Questo perchè stiamo molto attenti ai primi segnali di debolezza delle varie regioni e ci posiziamo velocemente sulla liquidità quando necessario.
Una gestione opportunistica...
Si può interpretare anche così. Nell’anno c’è stata una enorme volatilità sull’Argentina, ma siamo riusciti a non perdere denaro pur avendo avuto fino al 15% del fondo investito in titoli del debito argentino. A fine di ottobre abbiamo ulteriormente ridotto la nostra esposizione allo 0,8%. L’indice JP Morgan EMBI+ che a inizio anno era esposto per il 25% sull’Argentina è risultato a novembre con un’esposizione del 16%.
Nell’area mercati emergenti, tutti i Paesi godono di pari visibilità?
Molto dipende dalla propria struttura di gestione. Per poter anticipare i movimenti e le tendenze dei mercati è necessario avere un processo di investimento solido, una capacità di analisi macroeconomica e, in determinati casi, una struttura di analisti locale. Ciononostante, devo dire che molti Paesi emergenti offrono una eccellente visibilità. Per esempio, è possibile accedere a informazioni di pari approfondimento tanto sul debito polacco quanto su quello statunitense o di un qualunque Stato del G7.
Nel medio periodo quali sono le opportunità di acquisto?
Il mercato latinoamericano è promettente. La crisi sta cominciando a risolversi e oggi sono presenti sulle Borse diversi titoli a sconto. Al momento il debito pubblico argentino sta vivendo la fase di ristrutturazione con una rinuncia dei creditori nell’ordine del 70%, come a dire siamo a livelli che portano a un rischio di insolvenza anche del 100%. Ci aspettiamo un rimbalzo dei corsi obbligazionari una volta che il processo di ristrutturazione sarà concluso.
Prendiamo il caso del debito russo: nel 1998 si è vissuta una situazione di insolvenza e i rendimenti degli anni successivi sono stati straordinari: +165% nel 1999, +55% nel 2000 e +52% quest’anno. Prendiamo l’esempio dell’ Ecuador che si trovava in una situazione molto più precaria di quella dell’Argentina, ma l’anno scorso ha ristrutturato il debito e da allora è rimbalzato bene.
In Asia siamo sensibili soprattutto alle obbligazioni corporate, perchè il debito pubblico offre tassi molto bassi e le attese non sono delle migliori.
Nell’Europa dell’est siamo molto attivi sull’Ungheria, sulla Repubblica ceca e in Polonia: sono tutti Paesi che stanno attuando un processo di convergenza per l’ingresso nell’Unione europea. I loro mercati sono piccoli ma offrono rendimenti interessanti e un livello di rischio comparabile con il Bund tedesco.
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