Cosa si aspetta sul fronte crescita mondiale e che manovre pensa che attueranno le Banche centrali nei prossimi mesi?
Il ritorno alla crescita globale è oramai certo, ma si tratterà di un recupero debole, guidato da una ripresa moderata negli Usa. L’Europa seguirà con ritardo e la sua sarà una ripresa ancora meno forte, mentre, per quanto riguarda il Giappone, ci sono segnali di stabilizzazione e potremmo assistere a una crescita sostenuta dalle esportazioni.
Per quanto riguarda la politica monetaria, il mercato ha inizialmente prezzato un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve
a maggio, ma ora il termine si è spostato più in là, ad agosto. Personalmente ho sempre creduto che la Fed non comincerà a muoversi prima di settembre. Il governatore, Alan Greenspan, mantiene sempre un forte focus sulla crescita dell’economia e non deciderà un rialzo prima di essere sicuro sui tempi della ripresa. I tassi non saliranno più di 75 punti base entro la fine dell’anno: sarà una modifica della politica monetaria graduale, senza sorprese particolari.
Che peso dà alle scelte di asset allocation geografica?
Le ritengo molto importanti nella gestione dei fondi. Guardando alle performance storiche, circa il 40% dei rendimenti ottenuti possono essere attribuiti alla scelta dei Paesi e delle monete. Forse nel futuro conterà meno, perché gli spread stanno convergendo, ma in questo momento l’asset allocation geografica rimane un elemento essenziale.
Su quali Paesi punta?
American Express Global Bonds Us$ investe in tre aree geografiche: gli Stati Uniti, il Giappone e l’area dell’euro. Tra queste regioni, i Paesi dell’euro appaiano i più attraenti, seguiti dalle emissioni statunitensi, mentre abbiamo un’esposizione nulla sull’obbligazionario giapponese denominato in yen. All’interno dell’area euro, puntiamo sulle emissioni italiane e belga, che offrono uno yield più elevato rispetto agli altri Paesi.
Storicamente l’obbligazionario statunitense ha offerto in media 50 punti base in più dell’europeo, ma adesso i rendimenti sono simili e gli Stati Uniti devono trovare i fondi per finanziare il deficit della bilancia commerciale, attualmente al 4% e visto in crescita. Perciò è verosimile che gli Usa aumenteranno i rendimenti delle prossime emissioni. Comunque, la nostra forte sottoesposizione sul Giappone si traduce anche in un maggior sovvrappeso sugli Stati Uniti.
Il fondo investe quasi il 6% su obbligazioni giapponesi non in yen, rispetto al peso di circa il 20% del benchmark. Manteniamo invece una esposizione pari a zero sullo yen.
Quanto investe in emissioni corporate?
In questo momento solo il 13,05% del patrimonio è investito sui titoli corporate, un’area che potrebbe offrire alcune opportunità interessanti in vista delle quali potrei decidere di aumentare gradualmente la posizione del fondo nei prossimi mesi. Attualmente, lo spread tra le obbligazioni corporate e i titoli governativi ha raggiunto livelli elevati e dovrebbe scendere. Mantengo comunque un portafoglio di elevata qualità: abbiamo un rating medio di AA+.
Se tutti i segnali parlano di un recupero dell’economia, perché consiglia allora di investire sulle obbligazioni e non sulle azioni?
Anche se i dati dimostrano che siamo già usciti dalla recessione, il mercato azionario rimane troppo nervoso. Se arrivano notizie negative i titoli crolleranno di nuovo, come è avvenuto all’annuncio dell’incidente aereo di Milano. Non credo che il mercato azionario riuscirà a conseguire performance come si aspettano molti operatori; mi aspetto piuttosto un rendimento molto simile tra investimenti azionari e obbligazionari.
Se si guarda al rendimento annuo su diversi periodi negli ultimi dieci anni, quello ottenuto dal World government bond index (denominato in euro) è comparabile con quello dei mercati mondiali azionari, ma la volatilità delle obbligazioni sugli stessi periodi è stata molto inferiore.
Lei gestisce anche il fondo Global balanced Us$, che ha perso il 9,5% nell’ultimo anno mentre la categoria ha perso in media il 4,2%. Cos’è successo?
Gestisco solo la parte obbligazionaria del fondo, che nell’ultimo anno ha registrato una performance in grado di sostenere il fondo. La sofferenza del fondo rispecchia l’andamento del mercato azionario nel 2001 e la sottoperformance rispetto alla categoria è dovuta ad alcune scelte sbagliate nella parte equity: dopo gli eventi dell’11 settembre, abbiamo ridotto la nostra esposizione sui mercati azionari, non godendo perciò del rally successivo. E’ stato un problema di market timing, ma anche di singole scommesse su titoli e settori.
American Express ha recentemente cambiato il processo decisionale. In passato avevamo due direttori degli investimenti, uno a Londra e uno negli Usa; ora il processo è stato razionalizzato con la creazione di una singola posizione di Chief investment officer, che valuterà le scelte strategiche e il modo per migliorarle.
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