E’ improntato alla filosofia Garp, ovvero growth at a reasonable price, cioè su titoli con potenzialità di crescita ma a prezzi ragionevoli, che vengono scelti tramite un’attenta analisi bottom-up combinata con lo stock picking sulla base dei fondamentali, supportato dai nostri team locali in Brasile, Messico e Cile.
Usiamo anche analisi di tipo top-down, lavorando a stretto contatto con il team di analisti macroeconomici e specializzati per settori. Si tratta di un approccio particolarmente importante per l’analisi di società globali presenti sui mercati
emergenti, come quelle operanti nell’acciaio o nei minerali.
Quali sono i criteri per la scelta dei singoli titoli?
Le nostre analisi delle società sono improntate a quattro criteri: le variabili di crescita, le valutazioni dei prezzi, la struttura del capitale (la salute finanziaria della azienda come la capacità di generare flussi di cassa) e la gestione.
Come viene valorizzata la qualità della informazione delle società latinoamericane?
Attualmente la qualità dell’informazione sta migliorando significativamente e le differenze tra le regole di trasparenza dei mercati sviluppati e dei mercati emergenti stanno diminuendo. Lo si evince da alcune tendenze che stanno emergendo, come il fatto che le società eleggono membri indipendenti nei consigli, una cosa impensabile in passato. Sono azioni che aiutano le società a essere quotate su altre Borse come quella di New York.
Attenzione, però: se le società latinoamericane e di altri mercati emergenti costano sostanzialmente meno rispetto a quelle dei mercati sviluppati, parte della spiegazione viene proprio dalla percezione dei mercati di una carenza di trasparenza, percezione che però sta cambiando.
Cosa pensa della situazione in Venezuela e quali effetti potrebbe avere sulla regione?
Non penso che ci sarà un cambiamento nel breve termine. Chavez non è un leader adeguato per il Paese e come presidente non attrarrà molti investimenti. Potrà mantenere il suo potere fintanto che il prezzo del petrolio rimane elevato. Per chi deve investire nell’area, la cosa più importante da capire è come il Venezuela influenzerà il prezzo del petrolio, di cui è il quarto produttore mondiale. In ogni caso, non credo che si potrebbe produrre alcun effetto di contagio negli altri Paesi latinoamericani. Comunque il Venezuela non figura nel nostro benchmark.
E’ possibile invece un effetto contagio della crisi argentina?
Quando è iniziata la crisi in Argentina abbiamo visto alcuni effetti contagio nell’area: in Brasile la debolezza della moneta ha spinto la Banca centrale ad alzare i tassi di interesse. Però, quando il Paese è entrato in default e ha deciso la svalutazione della moneta, il Brasile si è svincolato. Al punto di crisi massima in Argentina, ogni Paese dell’area si è concentrato sui suoi fondamentali: per il Brasile l’impatto reale sull’economia era veramente lieve e la realtà è che la situazione argentina non ha impatti economici forti sul Brasile.
Che differenza c’è tra i mercati latinoamericani e il resto dei mercati emergenti?
In primo luogo i Paesi latinoamericani sono molto diversi tra di loro: il Messico lo è dal Brasile, il Brasile dal Cile. Investire in Messico è un modo per investire sugli Stati Uniti: la convergenza tra i due è molto forte e il 90% dell’export messicano è destinato agli Usa. Il Messico, insomma, è legato alla locomotiva statunitense e non è molto influenzato dal resto dell’America latina. Lo consideriamo Investment grade, cioè un mercato con un rischio non molto elevato: il costo del capitale è diminuito sensibilmente e le aspettative di crescita, basate sull’ipotesi di un recupero della crescita negli Usa, sono molto forti.
Il Brasile è una storia a parte. Nel breve ci sono dubbi sui risultati delle elezioni che si terranno a ottobre e questo spiega i tassi d’interesse reali e lo spread elevato rispetto ai titoli di Stato americani. Investire in Brasile è una scommessa sulla riduzione del rischio nel breve e su un ritorno alla crescita nel medio lungo periodo. In ogni caso, la crescita del Brasile dipenderà molto dalla sua capacità di ridurre i tassi di interesse e il rischio del Paese e di concentrarsi sulla generazione di un surplus fiscale al fine di ridurre il rapporto debito/Pil.
Detto ciò, la differenza tra l’America latina e il resto dei mercati emergenti è che l’Asia, per esempio, rappresenta un investimento molto legato al settore tecnologico mentre quello latinoamericano è molto più dipendente dai prezzi delle materie prime.
Il mercato latinoamericano ha avuto una performance molto positiva dall’inizio dell’anno. Sarà sostenibile?
Secondo me esiste un buon margine per una crescita ulteriore. Le prospettive di crescita sono più elevate per i mercati emergenti che vendono a sconto del 45% rispetto ai mercati sviluppati. Possiamo sperare che questo sconto diminuisca al 10-15% e continuare a cercare storie aziendali di valore.
Dia ai risparmiatori tre buone ragioni per scegliere Ing invest latin America.
La prima è che Ing vanta un ampio team con una presenza locale che ci permette di ottenere informazioni
poco accessibili ad altri competitor che non hanno una presenza così globale.
Il secondo punto a nostro favore è il nostro impressionante track record, ottenuto grazie a un processo di investimento coerente e rigoroso e a un turn over molto basso del team di gestione.
Il terzo punto è che il nostro è un processo di selezione attivo, che combina un focus bottom-up con analisi top-down. Pochi hanno le risorse necessarie per effettuare questo tipo di analisi. Ci permette di trovare le società sottovalutate e poco seguite che altri non possono analizzare.
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