Hedge fund, la via italiana fa discutere

Alla prima edizione italiana dell’Hedge Funds World si è svolto un acceso dibattito sulla proposta di riforma del regolamento sui fondi speculativi. Operatori divisi tra normative più stringenti e maggior libertà tra le parti.

Alessandro Simone, 03/12/2002 | 18:39
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Proposte di modifica normativa, fondi speculativi con garanzia del capitale, ruolo del prime broker e meccanismi di controllo e garanzia hanno acceso il dibattito della prima sessione dell’Hedge Funds World Italy 2002, primo meeting internazionale sul settore organizzato in Italia, che si è svolta questa mattina all’hotel Principe di Savoia di Milano. A discutere di questi temi sono stati gestori ed esperti legali, tra cui l’avvocato Andrea Galante, partner dello studio legale Camozzi&Bonissoni, Luigi De Vito, vice presidente senior di Unicredito italiano, Angela Maria Bracci del Settore finanza dell’Abi, Roberta D’Apice, responsabile dell’ufficio legale di Assogestioni, e Antonello Russo, vice presidente del Riskoffice di Deutsche bank.

Al centro dell’attenzione è stata la revis

ione del regolamento del Tesoro (n. 228/99), che dovrebbe essere formalizzata a breve. Oltre all’innalzamento del numero di partecipanti a un hedge fund da 100 a 200 e l’abbassamento della soglia minima d’ingresso da un milione a 500 mila euro, il tema che ha fatto più discutere è stata l’introduzione del divieto di frazionamento della quota, che impedisce l’inserimento degli hedge fund in gestioni patrimoniali individuali. La proposta regolamentare, inoltre, sembra escludere la possibilità di introdurre fondi speculativi a capitale garantito perché gli hedge derogano alle norme prudenziali e di frazionamento del rischio.

Sulla figura del prime broker, che svolge funzioni di deposito dei beni del fondo e finanziamento, restano numerosi interrogativi, nonostante l’intervento di Banca d’Italia del luglio 2002, che ha ammesso la possibilità di realizzare operazioni di finanziamento e ha stabilito regole sulle garanzie che devono essere prestate. Su quest’ultimo aspetto gli operatori sono divisi tra chi richiede una regolamentazione più dettagliata sui tipi di garanzia e chi invece ritiene che la materia debba essere oggetto di contrattazione tra le parti.

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