L’attuale normativa, entrata in vigore nel 1998, prevede per i fondi aperti domestici e i lussemburghesi storici l’applicazione di un’imposta del 12,5% sul risultato di gestione conseguito in ciascun anno. Ogni giorno deve essere rilevato l’incremento del patrimonio e su questo calcolata l’imposizione, con un conseguente effetto immediato sul patrimonio gestito, che viene a ridursi ogni volta che si manifesta un aumento degli asset e quindi un debito
verso l’erario. Viceversa, qualora la gestione sia negativa, il risultato maturato fa sorgere un credito d’imposta. Tale meccanismo fa sì che il valore della quota sia sempre al netto dell’imposizione fiscale.
Il cambiamento non è da poco, perché l’attuale meccanismo presenta alcuni spiacevoli effetti collaterali. Il soggetto gestore potrà contare su una maggiore disponibilità da reinvestire operando al lordo del prelievo tributario e si eviterà che si creino poste non liquide nell’attivo patrimoniale dei fondi, costituite dai crediti di imposta originati in caso di risultato negativo. Inoltre, l’abbandono della tassazione per maturazione consentirà di creare uniformità di trattamento tra i fondi di diritto italiano e gli esteri, i quali sono attualmente tassati secondo il principio del “realizzato” e quindi, sotto un profilo strettamente fiscale, dotati di maggiore appeal.
Le linee guida della riforma sono state tracciate nella legge delega approvata lo scorso marzo. I segni preliminari della riforma si sono avuti sul finire del 2002, quando, con l’approvazione della legge Finanziaria è stato introdotto il primo modulo di riforma Irpef. Ora, con la presentazione della bozza del nuovo Testo Unico delle Imposte sui Redditi viene rivisitata buona parte delle regole per la determinazione del reddito d’impresa”.
A giudicare dai tempi assai ristretti con i quali sono state rese note le prime misure sembra che il legislatore abbia già nel “cassetto” gran parte dei decreti attuativi della riforma” dice Zucchetti. “Questo significa che se per ora è toccato ad Irpef e Irpeg, presto toccherà alla fiscalità di tutto il settore del risparmio, che è destinato a subire una profonda rivisitazione l’attuale regime degli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr), meglio conosciuti come fondi comuni di investimento”.
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