La questione ora è se la crescita continuerà anche per l’anno in corso ovvero, in altre parole, se gli anni peggiori sono alle spalle. Dopo 12 anni di una serie di recessioni, non intervallati da alcun segnale di crescita, molti investitori dentro e fuori dal Paese sono scettici. Ma i dati recenti lasciano spazio all’ottimismo.
/div>La disoccupazione è scesa al 4,9% a dicembre, dal 5,4% di maggio, e il rapporto tra il numero di offerte di lavoro e di candidati è salito a dicembre al livello storico di oltre dieci anni. Contemporaneamente si sono allentati alcuni problemi economici del Paese, tra cui il persistente ribasso dei prezzi di beni e servizi, in una parola la deflazione. I volumi delle esportazioni sono cresciuti a dicembre del 13% sull’anno e il surplus commerciale è salito di un impressionante 40%.
La forza dell'economia giapponese non ha però risolto di per sé il principale problema del più grande settore quotato al Tokyo Stock Exchange, quello bancario. Il volume e il valore dei prestiti di dubbia esigibilità, con radici nella bolla speculativa immobiliare dei tardi anni ’80, sono ancora poco chiari. Gli ottimisti si appellano alle statistiche ufficiali che ne mostrano i volumi in calo insieme alla crescita dei profitti delle banche tali da poter coprire le perdite rimanenti in pochi anni. I pessimisti, dal canto loro, argomentano che i dati ufficiali sminuiscono il problema e fanno notare che la riclassificazione del prestiti per Resona Bank è stata la mossa di salvataggio del Governo a maggio.
Ora gli investitori aspettano con ansia novità che possano indicare chiaramente la rotta. Novità che provengano dalle banche o dal mondo politico sul fronte delle riforme del sistema bancario stesso potrebbero arrivare all’improvviso e la Borsa di Tokyo è attualmente molto sensibile sia alle notizie sul volume di questi prestiti sia a decisioni in merito alla loro gestione.
Un altro motivo di preoccupazione è rappresentato dai movimenti del tasso di cambio contro il dollaro: dopo essere stato tra 115 e 120 yen nei primi otto mesi del 2003, lo yen si è apprezzato fortemente, nonostante gli interventi del Ministro delle Finanze. Solo a gennaio il ministero ha comprato 67 miliardi di dollari, ma ciò nonostante il dollaro è ancora sotto quota 106. Anche se il tasso di cambio impatta ora meno di alcuni anni fa, da quando gli esportatori giapponesi hanno spostato la produzione all’estero, quota 100 viene ancora considerata una soglia psicologica vitale. Se il dollaro scende sotto i 100 yen, in molti temono una forte reazione sul mercato azionario che potrebbe ancora una volta colpire i già traballanti bilanci delle banche.
Finora ha aiutato la Borsa l’attesa di riforme strutturali, creata dalle promesse elettorali del 2003. Dopo la rielezione di settembre del primo ministro Junichiro Koizumi, a novembre la promessa di riforme economiche ha dominato la campagna elettorale. Il risultato è stato una più forte posizione dei riformatori, ma resta ancora da vedere quanta parte delle promesse elettorali verrà realizzata.
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