Il mercato immobiliare italiano ha rallentato la corsa, in particolare nel segmento degli uffici, dove nel 2003 le compravendite sono cresciute del 26% contro il 69% dell’anno precedente. Secondo lei, è un trend che continuerà nei prossimi mesi?
L’ubriacatura degli anni 1998-2002 è finita e il mercato degli immobili a uso non residenziale è diventato più attento all’efficienza e ai costi di gestione. Non solo, si è fermata la corsa all’incremento dei canoni di locazione e si va verso una stabilizzazione dei valori. A livello settoriale, la new economy ha lasciato il posto a comparti più solidi, soprattutto bancari e assicurativi.
Nel settore residenziale, la situazione è migliore?
Il mercato delle case continua a tirare. Nei primi 5 mesi del 2004, l’incremento dei prezzi è stato del 6-7% a riprova che il mattone resta un bene rifugio per i risparmiatori.
Il fondo immobiliare può essere considerato un’alternativa al bene reale per un piccolo risparmiatore?
Il fondo è uno strumento adatto al retail, purché l’investitore sia consapevole che l’orizzonte temporale è di medio-lungo periodo e in caso di uscita anticipata, attraverso il canale della Borsa, si paga uno sconto. Inizialmente, i fondi immobiliari avevano una durata di 15 anni, oggi è scesa mediamente a 8-10 anni proprio per venire incontro alle esigenze dei risparmiatori. Questi ultimi, però, devono essere consapevoli che i migliori risultati si ottengono non uscendo prima della scadenza, o comunque, non prima di 6-7 anni dalla sottoscrizione.
Anche perché in Borsa, i fondi immobiliari quotano a sconto…
Quello della quotazione a sconto è un falso problema. Non si può pensare che i valori siano sopra la pari, neanche in mercati evoluti come quello statunitense: capita ma sono eccezioni. La Borsa è solo una via di uscita per chi si rende conto di aver sbagliato investimento o ha un’esigenza urgente di liquidità. Il fondo immobiliare resta, comunque, uno strumento di medio-lungo periodo.
Come si ripartisce il mercato tra investitori retail e istituzionali?
Oggi i fondi strutturati per il mercato retail sono di gran lunga i protagonisti, ma in futuro il mercato si ripartirà pressoché equamente tra fondi per il risparmiatore e per investitori istituzionali, intendendo per questi ultimi principalmente le compagnie assicurative, le fondazioni e le casse di previdenza. Non bisogna poi dimenticare che negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Olanda i fondi pensione sono i naturali clienti dei fondi immobiliari .
Rallentamento del mercato e maggior presenza degli istituzionali richiederanno una revisione delle politiche di gestione?
Per tre anni, il fondo Unicredito Immobiliare Uno si è focalizzato sulle grandi opere, come la nuova sede del Sole 24 Ore, architettata da Renzo Piano, e quella di Pirelli alla Bicocca, sviluppata in collaborazione con Pirelli Real Estate. Abbiamo anche investito nel progetto “Il km rosso” di Stezzano per un parco scientifico e tecnologico, il primo in Italia finanziato con capitali privati. Sulla Milano-Bergamo sorgerà un muro rosso che simulerà la fiancata di una vettura di formula uno.
Tutte queste operazioni avevano come mercato di riferimento gli istituzionali del settore immobiliare, mentre l’attuale contesto impone una maggior diversificazione del portafoglio in termini di vie di uscita. In quest’ottica, abbiamo recentemente acquistato sei supermercati Pam, che al momento del disinvestimento potranno essere venduti non solo a un acquirente istituzionale ma anche a un privato, tipicamente clienti tipo “private”.
Come si spiega il fatto che oltre il 50% degli asset dei fondi immobiliari italiani è investito nel segmento degli uffici?
Questo tipo di investimento è facile da gestire, mentre altri segmenti richiedono una maggior conoscenza dell’immobile e dell’attività insediata, ad esempio un albergo deve essere ben gestito perché il suo valore possa incrementarsi nel tempo. Proprio la comprensione dell’attività sottostante è la grande sfida dei prossimi anni.
Il fondo Unicredito Immobiliare Uno è investito per il 40,8% in uffici, prevalentemente a Roma e Milano, ma è presente anche nell’alberghiero, con focus sul segmento business, che pesa per il 12,7% sul patrimonio complessivo. Ha carattere residuale, invece, il mercato residenziale (3,9%).
La gestione di un fondo immobiliare è differente da quella di uno mobiliare. Quali sono le peculiarità?
In Pioneer IM abbiamo adottato una gestione dinamica, che non mira alla semplice conservazione del patrimonio ma alla valorizzazione e allo sviluppo. Il team è composto da due gruppi di lavoro. Il primo, guidato dall’architetto Vincenzo Mangalaviti, si occupa dell’asset management, dalla selezione degli investimenti alla conclusione dell’operazione di acquisto; il secondo con a capo l’architetto Feliciano Carabellese, è specializzato nella gestione delle proprietà dopo l’acquisto (property management), un’attività poco conosciuta, ma che ha un enorme impatto sulle scelte strategiche di turn-over del portafoglio.
Avete in programma il lancio di altri fondi immobiliari?
Pioneer IM vuole sviluppare questo segmento e sono allo studio nuovi prodotti.
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