Hedge fund, meno ritorni, più costi

I gestori sono troppi e rischiano meno di un tempo. Il risultato? Le performance peggiorano e la qualità diminuisce. E’ il quadro tracciato da Mattia Nocera, amministratore delegato di Belgrave Capital Management e consigliere di Global Selection, sgr speculativa di Banca del Ceresio, per il quale sempre più il successo passa per la selezione dei manager.

Sara Silano 07/10/2004 | 11:53
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Il patrimonio mondiale degli hedge fund si avvia a superare i mille miliardi di dollari. E le previsioni sono di un’ulteriore crescita. Dunque, si può parlare di un’industria in piena salute?

E’ vero, la raccolta è in rapida crescita, ma questi ingenti flussi hanno creato uno squilibrio tra l’elevata domanda e l’offerta, determinando un rincaro delle commissioni. In particolare, è aumentata la gestione per conto di terzi, una linea di business che dà molti ritorni economici, ma purtroppo va a discapito delle performance, perche i fund manager assumono meno rischi.

Le st

atistiche parlano di un incremento della quota di investitori istituzionali, che nel medio termine arriveranno a rappresentare il 50% degli asset totali. Concorda?

I flussi di capitali provenienti dagli istituzionali sono in rapida crescita. Si stima che negli Stati Uniti i fondi pensione investiranno 400 miliardi di dollari in hedge fund. Si tratta di una grande sfida per l’industria, in quanto questa tipologia di investitori è molto sensibile alla gestione del rischio, per cui è prevedibile che vengano imposti paletti alla possibilità di azione del fund manager. In parte questo è già avvenuto nella fase Orso del mercato.

Si può dire che la minor propensione al rischio sia la causa delle deludenti performance di quest’anno, che si avvia ad essere il peggiore dal 1994?

Difficilmente i rendimenti in termini assoluti e relativi saranno uguali a quelli degli hedge fund storici. In passato, la gestione era attiva e il rischio veniva preso, oggi, invece, l’obiettivo principale è controllare il rischio in modo statico, cioè mettendo dei paletti all’operatività.

Vuol dire che gli investitori pagano di più rispetto al passato, ma si ritrovano con rendimenti inferiori?

Sì, sta accadendo proprio così. D’altra parte gli istituzionali hanno cominciato recentemente ad investire in hedge fund e probabilmente continueranno a farlo fino a quando non si accorgeranno che le performance non sono più quelle di un tempo.

Questo vale anche per le industrie giovani come quella italiana?

Le industrie giovani sono ancor più attente al controllo del rischio, perché sono nate in un periodo di mercato Orso.

Quale può essere la risposta a questa situazione?

In questo contesto è importante saper scegliere i gestori migliori, quelli che hanno obiettivi di rendimento più che di controllo del rischio, capaci di generare ritorni e proteggere il capitale nelle fasi difficili del mercato. Noi ricerchiamo fund manager che rifiutano l’industria degli hedge fund attuale, così come i primi gestori speculativi avevano rifiutato l’industria dei fondi comuni.

E’ questa la strategia adottata da Global selection sgr, la società di gestione speculativa di Banca del Ceresio?

Sì, da 40 anni ci avvaliamo di gestori esterni. Un tempo era più facile trovarli perché erano pochi, oggi sono 8 mila ed è più difficile. Il nostro fondo di fondi hedge, Global Manager Selection Fund, lanciato nel giugno 2003, è di tipo globale e si avvale dell’esperienza dei top manager dei portafoglio geografici di Vitruvius.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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