Il terzo trimestre è stato improntato alla cautela sul mercato americano, nonostante non siano mancati i momenti di ottimismo. Gli investitori sono alla finestra in attesa dell’esito delle elezioni presidenziali di novembre.
Sul fronte economico, l’inflazione non appare più una minaccia come qualche mese fa, anche se i prezzi del petrolio sono elevati. Sono stati positivi anche i dati sull’occupazione e gli altri indicatori congiunturali. La Federal Reserve ha continuato ad alzare gradualmente i tassi, con un ritocco di 25 punti base sia in agosto sia in settembre. Le preoccupazioni sulla solidità della ripresa hanno impedito strette più consistenti.
Nella morsa dei timori di rallentamento della congiuntura e degli allarmi-utili da parte di alcune grandi società come Coca Cola e Colgate Palmolive, l’indice Morningstar US market ha chiuso il trimestre in ribasso dell’1,82% e da inizio hanno il rialzo è stato appena del 2,01%, ben lontano dalla crescita a due cifre del 2003.
In linea con i precedenti trimestri, i titoli value hanno reso più di quelli growth, con l’indice Morningstar US value che è salito dell’1,74% nel terzo trimestre, contro un ribasso del 6,64% dello US growth. I settori migliori sono stati quelli delle materie prime, i peggiori i tecnologici.
Nell’ultimo trimestre, il Morningstar large cap index ha perso il 2% contro una perdita del 2,36% dell’indice Small cap. La miglior performance è stata messa a segno dal Mid value index (+2,17%), la peggiore dallo Small growth (-8,65%).
Tra i singoli titoli, i migliori dell’indice Morningstar US market sono stati ExxonMobil, Chevron Texaco e General Electric, i peggiori, invece, sono stati i tecnologici Intel, Cisco Systems, Microsoft e i colossi delle bevande Coca Cola e PepsiCo. Ancora, la casa farmaceutica Merck ha contribuito negativamente alla performance dell’indice, dal momento che è crollata del 30% alla fine del trimestre, dopo aver annunciato il ritiro del farmaco antidolorifico Vioxx.
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