Effetto referendum sull’area euro

Con rendimenti ai minimi storici ed euro ai livelli di sette mesi fa, i mercati obbligazionari anticipano le ripercussioni di una bocciatura francese alla Costituzione europea. Un rifiuto che potrebbe peggiorare le aspettative sulla crescita di Eurolandia e impattare sui tassi a lunga scadenza.

Maria Grazia Briganti 25/05/2005 | 11:31
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L’ euro è alle strette. Le incertezze sull’esito del referendum francese sulla costituzione europea stanno mettendo in agitazione le quotazioni dei bond denominati nella valuta comiune, ritenuta la prima responsabile della perdita di competitività in Eurolandia e che negli ultimi giorni è stata scambiata a poco più di 1,25 contro il dollaro, il livello più basso degli ultimi sette mesi.

“Un’eventuale bocciatura francese alla carta costituzionale europea”, spiega Paolo Mameli, dell’ufficio studi di analisi macroeconomica e finanziaria di Centrosim, “renderebbe l’area euro più vulnerabile e aumenterebbe la rischiosità paese, con un conseguente allargamento degli spread dei paesi a maggior debito, come l’Italia”. Il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e di que

lli tedeschi, infatti, è notevolmente aumentato, fino a toccare i 19 punti base, il livello massimo dallo scorso agosto.

“In realtà questo processo era già iniziato qualche mese fa con la revisione del patto di stabilità, che aveva di fatto causato un aumento del premio a rischio del deficit dei paesi più indebitati come Italia e Grecia” continua Mameli. Ma i più penalizzati dal calo dell’euro e dal conseguente arresto di flussi di capitali nell’area sarebbero i paesi candidati a entrare nell’Unione che hanno avviato il processo di convergenza non più di un anno fa.

Nel tentativo di giocare d’anticipo sulle possibili ripercussioni economiche del no francese, e delusi dai dati macro internazionali, gli operatori hanno ripreso a comprare titoli obbligazionari, accontentandosi anche solo di un rendimento del 3,28%, del Bund a 10 anni, il minimo storico toccato la scorsa settimana e di appena il 4,01% pagato dal Treasury decennale.

Il rally dei mercati obbligazionari dura dagli inizi di marzo ed è giustificato dalla debolezza congiunturale innescata dal prezzo del petrolio e dal calo delle aspettative di inflazione. È vero che il rallentamento economico è in atto anche negli Usa, ma, spiega Gabriele Bruera, consigliere di Compam sicav e gestore dei comparti obbligazionari, “il mercato sta scontando uno scenario troppo pessimistico, con scarsa crescita economica e bassa inflazione, che assomiglia più alle condizioni dell’economia giapponese”. Un pessimismo da più parti ritenuto ingiustificato e che, prosegue Bruera, “è sostenuto da flussi di flight to quality (cioè la ricerca di investimenti più sicuri, sebbene meno remunerativi, ndr) oltre che da movimenti speculativi di chi cerca di anticipare ulteriori discese dei tassi a lungo termine”.

Ma chi sono i più pessimisti? Gli strategist di Schroders, ad esempio, hanno attese sulla congiuntura inferiori al consensus, che li porta a favorire i bond governativi. Secondo le loro analisi, la debolezza economica, unita a una bassa inflazione, renderà la politica della Fed più accomodante di quanto ci si aspetti, dando ulteriore supporto ai bond. "Con il sentiero della Fed che ormai è tracciato per i due terzi, se si assume come target il 4% entro la fine dell’anno, le posizioni corte degli investitori non sono coerenti con quelle che dovrebbero essere a questo punto. Ci attendiamo pertanto un rally nei bond governativi soprattutto se l’economia dovesse rallentare più del previsto. Sovrappesiamo la zona euro e i Treasury a lunga scadenza e rintracciamo maggiori possibilità all’interno del mercato dei bond britannici. Ci attendiamo un taglio dei tassi Uk entro l’anno”.

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Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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