Il calo di performance che si è registrato ad aprile ha colpito alcuni tipi di stili, come ad esempio i “convertible bond”, e solo per breve tempo si è allargato anche ad altri perché, in fasi di stress, le correlazioni tra i mercati tendono ad aumentare. Ma la flessione si è nuovamente circoscritta agli hedge fund “convertible bonds”, che posseggono più del 90% delle emissioni mondiali di bond convertibili. Di fronte a fattori imprevisti, in cui tutti i gestori hanno le stesse posizioni da vendere -anche per far fronte all’aumento dei riscatti- le difficoltà e le p
erdite aumentano.
In Italia la legislazione sugli investimenti alternativi ha fatto passi da gigante. Altri paesi come la Spagna sono ancora in attesa di una normativa adeguata. Nel Regno Unito, nonostante il mercato degli hedge fund sia sviluppato, esistono vincoli normativi e svantaggi fiscali rispetto ad altri prodotti.
Tornando all’Italia, a fronte di un interesse che cresce, sia tra gli investitori dalle grandi disponibilità e le istituzioni, sia tra i singoli risparmiatori, Banca d’Italia è andata oltre e con la direttiva di aprile ha aperto la possibilità per i fondi comuni di investire in quote di hedge fund. Di fatto ha ulteriormente aperto, seppur in maniera indiretta, gli hedge fund al retail.
A livello mondiale, invece, quali tendenze state riscontrando?
Il mercato dei fondi di fondi hedge sarà caratterizzato da strutture sempre più grandi, frutto di fusioni o acquisizioni, perché esistono delle economie che sono raggiungibili solo da chi ha una certa dimensione degli asset in gestione, che permette di investire in ricerca e strategie.
Gli hedge fund di oggi sono diversi da quelli di 10 anni fa, perché i temi di investimento si sono evoluti e soprattutto sono cambiati gli strumenti da utilizzare e i settori in cui è possibile riscontrare delle inefficienze. Tra i temi che abbiamo sviluppato negli ultimi tempi, ad esempio, vi sono le strategie basate sui derivati sul tempo e i cosiddetti “catastrofic bond” all’interno del settore delle assicurazioni, ancora opaco e poco efficiente.
E per i fondi hedge puri?
I cosiddetti “single manager” saranno sempre più specializzati all’interno dei loro settori e mercati di competenza. Sono ormai passati i tempi in cui, in un’ottica quasi imprenditoriale, il gestore si improvvisava hedge fund manager. Se investire in un fondo di fondi hedge significa comprare un processo di investimento, dalla “due diligence” al controllo del rischio, comprare un single manager significa puntare più sulle conoscenze e sulla capacità del gestore di creare valore aggiunto.
A livello di strategie, invece, qual è la situazione italiana?
Si diffonderanno maggiormente le strategie low volatility e medium volatility, passo obbligato per un mercato giovane che comincia però a richiedere prodotti più specializzati e sofisticati. L’interesse crescerà in particolare per quegli strumenti che presentano correlazioni negative con i mercati finanziari come i cosiddetti “managed futures”, in cui vi è una presenza dell’effetto leva pari a 3-4 volte.
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