Redditi derivanti da interessi su conti correnti, su investimenti obbligazionari, nonché provenienti da cessioni di quote di organismi di investimento collettivi (Oicr) armonizzati esteri, saranno comunicati alle amministrazioni fiscali di residenza del beneficiario e dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi.
L’accordo tra i 25 Stati membri dell’Unione prevede lo scambio di informaz
ioni sui redditi da risparmio maturati all’estero da cittadini che risiedono in un paese dell’Unione europea.
Sotto la lente andranno anche gli interessi distribuiti da Oicr armonizzati che investono in obbligazioni almeno il 15% del loro patrimonio, nonché quelli derivanti da cessioni o riscatti di quote di fondi che investono più del 40% in obbligazioni (sia societarie che governative), percentuale che nel 2001 salirà al 25%.
“La ratio sottostante alla normativa” spiega Leo De Rosa, responsabile Tax Finance Department presso lo studio TMF Garlati & Gentili di Milano, “non è la volontà di penalizzare gli investimenti all’estero, infatti non sono oggetto di comunicazione la detenzione di partecipazioni azionarie, quanto piuttosto i depositi conservativi di denaro, e tutte le forme di parcheggio temporaneo del risparmio in strumenti facilmente liquidabili o a basso rischio, con la finalità di sottrarlo all’imposizione fiscale nazionale”.
A comunicare alle amministrazioni fiscali nazionali gli interessi liquidati al cliente, sarà il cosiddetto Paying agent, inteso come broker, banca depositaria o fondo di investimento. Le amministrazioni, nel giugno di ogni anno, gireranno le informazioni alle autorità fiscali del paese di residenza del cliente.
“In realtà” continua De Rosa “i dati oggetto di scambio non riguardano solo gli interessi pagati, ma anche l’identità e la residenza del correntista, il nome dell’intermediario e il numero di conto corrente. Di fatto, la direttiva apre una finestra sui movimenti esteri dei cittadini residenti in uno stato membro”.
Questo però non varrà per Austria, Belgio, Lussemburgo che, pur appartenendo all’Unione, non hanno voluto rinunciare al segreto bancario. Così anche i paesi terzi come Svizzera, Liechtenstein, Monaco, Andorra e San Marino e i dieci paradisi fiscali associati o dipendenti di alcuni paesi di Eurolandia.
Ma in questo caso la direttiva non perde di efficacia: in caso di rifiuto di scambio di informazioni da parte di uno Stato, è prevista una trattenuta alla fonte sugli interessi maturati. In altre parole, il Paese estero applicherà, senza dare disclosure sulle generalità del cliente, un'aliquota alla fonte del 15%. Percentuale che salirà al 20% a partire dal primo luglio 2008 e raggiungerà il 35% nel 2011.
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