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A luglio migliora il sentiment dei gestori. Secondo l’ultimo sondaggio Morningstar, il 61% dei manager è convinto che le Borse europee saliranno nei prossimi sei mesi e uno su due è ottimista su Wall Street, nonostante l’indagine sia stata condotta proprio nei giorni degli attentati di Londra. Sia nel Vecchio continente, sia negli Stati Uniti, i pessimisti si sono più che dimezzati rispetto a giugno quando erano oltre il 20%. Il Giappone si conferma il mercato preferito da più dell’80% degli intervistati, mentre meno del 10% teme un calo.
Europa tra caro-petrolio ed euro più debole
La maggior parte dei gestori è convinta che il rapporto tra euro e dollaro oscillerà attorno agli attuali livelli nei prossimi mesi, ma il 27% prevede un ulteriore rafforzamento del biglietto verde, per via delle difficoltà politiche all’interno dell’Unione e del differenziale dei tassi di interesse. Il tasso di cambio è atteso intorno a 1,15-1,20 nel breve, mentre sul lungo periodo l’euro è dato per favorito a causa degli squilibri di bilancio statunitensi.
L’indebolimento della moneta unica è considerato un fattore di supporto alle Borse europee, perché rende più competitive le esportazioni e compensa l’impatto negativo del caro-petrolio. Salvo poche eccezioni, le valutazioni in Eurolandia sono ancora attraenti se rapportate a quelle americane o ai rendimenti del mercato obbligazionario. Queste considerazioni valgono anche per Piazza Affari, che salirà per circa il 60% dei gestori contro il 5% di pessimisti.
Stati Uniti in chiaroscuro
I gestori sono discordi sulle valutazioni americane. Alcuni le considerano troppo elevate rispetto ai livelli storici; altri ritengono che possano esserci delle opportunità nel medio termine, anche perché la dinamica degli utili è positiva e l’economia in buona salute. I manager sono convinti che il rialzo dei tassi non interromperà l’attuale fase congiunturale e, con l’avvicinarsi della fine della politica restrittiva da parte della Federal Reserve, aumenterà l’attenzione per i titoli ciclici.
Le azioni americane restano, comunque, più care rispetto a quelle giapponesi, che sono di gran lunga preferite per il potenziale di apprezzamento legato alle esportazioni e alla ripresa della domanda interna. Nel Paese nipponico, l’unico nodo critico è rappresentato dalla capacità di uscire definitivamente dalla deflazione.
Prezzi delle obbligazioni ancora in calo
Per oltre l’82% dei gestori, i prezzi delle obbligazioni americane scenderanno nei prossimi mesi e il 60% degli interpellati è convinto che un trend analogo caratterizzerà il mercato europeo. Seppure supportato da fattori tecnici, quali gli acquisti da parte delle banche centrali asiatiche, il livello dei rendimenti reali e nominali negli Stati Uniti appare troppo basso per l’attuale fase di ciclo economico, caratterizzato da scarse pressioni inflazionistiche.
Per quanto riguarda l’Europa, i manager pensano che la Banca centrale continuerà la politica monetaria accomodante, ma siccome questo scenario è scontato da tempo non è da escludere una correzione al ribasso sul mercato del reddito fisso.
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra l’1 e l’8 luglio, 23 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa il 70% degli asset gestiti in Italia.
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