Questi mercati offrono sempre più spesso buone opportunità in quanto i titoli hanno valutazioni ragionevoli, gli utili mostrano un trend di crescita solido e il governo societario (corporate governance) è in miglioramento, grazie a politiche più attente agli azionisti. Tale situazione determina un aumento del payout ratio (la percentuale di ritorni che viene distribuita come dividendi), come prova il fatto che circa il 40% dei titoli compresi nell’indice FT World con un dividend yield superiore al 3% è situato nella regione dell’Asia-Pacifico (Giappone escluso). Inoltre, i bassi tassi di interesse reali (ossia corretti per l’inflazione) rendono le azioni ad alto rendimento ancora pi
ù attraenti.
Esistono alcuni trend che ci fanno ritenere che l’area continuerà ad essere interessante negli anni futuri. Innanzitutto, l’elevato tasso di risparmio nella regione continua a fare da supporto al consumo interno. La Cina è il motore della crescita dell’Asia, grazie alla sua richiesta di materie prime e al contributo che la crescente domanda domestica dà agli scambi intra-regionali, al turismo e all’outsourcing. Hong Kong e Macao, ad esempio, sono diventate una delle principali destinazioni di vacanza per i cinesi della terra ferma.
Quali sono i mercati che preferite?
In Asia sono presenti alcuni dei listini meno costosi al mondo, e, nonostante il potenziale di crescita economica della regione, pensiamo che questo stato di cose sia destinato a proseguire. La nostra allocazione a livello di Paese è una funzione della selezione dei titoli e questo ci ha portato a mantenere in generale una predisposizione verso il sud-est asiatico, dove riteniamo che l’aumento dei consumi sarà più pronunciato. Il nostro mercato favorito resta Singapore, che beneficia del boom nel settore immobiliare, dell’incremento del turismo e della elevata fiducia di imprese e famiglie. Inoltre, la corporate governance, la qualità dell’imprenditoria locale e la solidità degli utili non ha eguali nel resto dell’area.
Come valutate le riforme in atto sul mercato cinese?
Il ritmo dei cambiamenti è elevato. Lo scorso anno, le società della terraferma, e in primo luogo banche e assicurazioni sulla vita, hanno raccolto oltre 25 milioni di dollari attraverso diverse importanti operazioni di collocamento, incluso il completamento dell’Ipo (Initial public offering) di China Construction Bank per un valore di otto milioni di dollari. In totale, esse hanno rappresentato più del 40% delle emissioni asiatiche, in un anno che è stato record per la regione. Inoltre, il consolidamento dei bilanci e gli elevati flussi di cassa hanno dato un forte impulso alle attività di fusione e acquisizione.
Vi è ancora un altro aspetto che vale la pena sottolineare. Le autorità cinesi hanno aumentato le possibilità per gli operatori istituzionali stranieri qualificati (QFI) di investire sul mercato cinese e incrementato le dismissioni di azioni non commerciabili. Ne è conseguito che le azioni di classe A sono scese ai minimi degli ultimi sei anni ma, segnale incoraggiante, ciò ha spinto molte società a ricompensare gli azionisti mediante titoli gratuiti e dividendi straordinari. La corsa della Borsa, tuttavia, è stata frenata dal fatto che restano ancora da affrontare questioni quali la corporate governance, la disciplina normativa sui collocamenti, in modo da aumentare la credibilità del listino. Per queste ragioni, preferiamo esporci verso la Cina o attraverso società cinesi quotate a Hong Kong, dove i requisiti per la quotazione sono più rigorosi, o attraverso società quotate in altri mercati della regione ma che derivano una quota significativa del giro d’affari dall’ex Celeste impero.
In quali settori pensate esistano le migliori opportunità di investimento?
La forte crescita in Asia è conseguenza dell’aumento del consumo interno, degli scambi intra-regionali e del turismo nell’area. La Cina ha dato un singolare contributo a questo processo perché l’industrializzazione del Paese e il processo di urbanizzazione hanno fatto emergere rapidamente i consumatori più ricchi. Il numero di cinesi che guadagna oltre 5 mila dollari l’anno sta crescendo al ritmo del 20% annuo mentre il tasso di migrazione dalle aree rurali ai centri urbani interessa circa 15-20 milioni di persone l’anno – tasso che si prevede resterà stabile per i prossimi 15 anni. Per queste ragioni, l’attenzione a livello settoriale è rivolta a un mix di comparti in crescita e ad elevato rendimento, legati a queste dinamiche, compresi il finanziario, le risorse naturali, la salute e la distribuzione.
Quale impatto può avere un rallentamento dell’economia mondiale sui Paesi dell’Asia-Pacifico?
Anche se è vero che una significativa inversione dell’economia statunitense avrebbe ripercussioni sui mercati mondiali, siamo dell’idea che la domanda globale sia ora distribuita più omogeneamente rispetto a cinque anni fa. La crescita dei consumi interni aumenta la “impermeabilità” agli effetti di un rallentamento globale, grazie a una diminuzione della loro dipendenza dalle esportazioni.
Pensate che le valute asiatiche si apprezzeranno rispetto all’euro e al dollaro?
Nonostante, le preoccupazioni legate all’aumento dell’inflazione, che lo scorso anno hanno determinato un incremento dei tassi di interesse nell’area e un generale indebolimento delle valute nei confronti del dollaro, siamo dell’idea che nel lungo periodo le divise dei mercati in più rapida espansione si rafforzeranno sia nei confronti del biglietto verde sia dell’euro.
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