Quelli distribuiti in Italia sono una quarantina, tutti appartenenti a società di gestione estere. Nell’ultimo anno, la performance media è stata del 16% in euro (8,8% in dollari), mentre da gennaio il rialzo è stato di poco superiore all’1%, penalizzato dal rapporto di cambio (3,6% in dollari).
L
a composizione di portafoglio è molto variegata, anche se mediamente i titoli rappresentativi del capitale di rischio (non solo americani) sono circa la metà degli attivi, il 36% è destinato agli strumenti obbligazionari e il resto è tenuto prevalentemente in liquidità.
E’ in una terra di confine il fondo Franklin Mutual Beacon, gestito da Peter Langerman e Anne Gudefin, che investe prevalentemente in titoli americani, ricercando società sottovalutate, interessate da progetti di acquisizione o in fase di ristrutturazione. Tuttavia, quando i fund manager non trovano buone opportunità preferiscono rimanere liquidi, perché, dicono, “la conservazione del capitale è uno dei capisaldi della nostra filosofia”. Alla fine del 2004, il cash rappresentava quasi il 27% degli attivi, ma in dodici mesi è sceso sensibilmente.
Per il 2006, i gestori continuano ad essere ottimisti, perché in un contesto di alti prezzi del petrolio, curva dei rendimenti relativamente piatta e forte indebitamento dei consumatori, il valore delle azioni appare equo, ma la selezione di società a sconto può essere fonte di valore aggiunto. Rispetto a un azionario puro, il Franklin Mutual Beacon ha un ulteriore leva, quella obbligazionaria. Ad attrarre i gestori è soprattutto il “fertile” terreno degli high yield, che offrono un maggior rendimento a fronte di un rischio più alto.
Estratto aggiornato dell’articolo apparso su "Il Mondo" del 10 febbraio 2006.
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