Qualche pessimista è rispuntato, ma era prevedibile: dopo la retromarcia innestata dai mercati azionari internazionali, dalla metà di maggio ad oggi, è del 6% la percentuale degli asset manager intervistati da Morningstar a livello europeo, che prevede un’ulteriore flessione dei mercati da qui a un anno.
Erano più di sei mesi che non emergevano previsioni negative sulle Borse. Tuttavia, a parte questo dato, tra i 36 maggiori gestori del Vecchio Continente, che gestiscono 44 miliardi di euro, non si assiste a un netto peggioramento del sentiment. Oltre la metà ritiene che nei prossimi 12 mesi i mercati guadagneranno dal 5 al 10%, e un altro 17% prevede che il rimbalzo supererà il 10%.
Europa e Giappone sono considerate le aree geografiche su cui continuare a investire anche nel prossimo anno, mentre sugli Stati Uniti i gestori sono divisi: lo scenario macroeconomico resta di difficile lettura, penalizzato da ulteriori fattori di rischio quali il prezzo del petrolio, la stabilità del dollaro e la situazione geopolitica internazionale.
Anche il quadro settoriale è poco chiaro: le aspettative dei gestori sugli andamenti dei settori non convergono. Data l’incertezza generata dalla crescente volatilità presente sul mercato, nessun comparto emerge come performante per i prossimi 12 mesi.
Pochi dubbi, invece, sulla tipologia dei titoli: proseguendo un trend che dura da diversi mesi, il 75% dei gestori si aspetta che le società di grandi dimensioni sovraperformeranno le small cap nei prossimi 12 mesi. Solo il 47% propende per le società growth, una percentuale che continua a diminuire dal picco dell’80% raggiunto a febbraio, quando le prospettive economiche erano più rosee e andavano a favore delle società con i maggiori potenziali di crescita.
Poco rischio, anche nel reddito fisso
Più cautela anche nell’investimento obbligazionario. Negli ultimi mesi i gestori hanno drasticamente ridotto le attese positive nei confronti di high yield e mercati emergenti. Per oltre il 60% degli asset manager, nei prossimi 12 mesi è preferibile posizionarsi su emissioni governative di Paesi sviluppati, mentre i corporate potranno essere acquistati sono se Investment Grade.
Anche a livello di posizionamento sulla curva dei rendimenti, le scadenze brevi offriranno ancora maggiori possibilità di difesa, sebbene qualcuno inizi a posizionarsi sul segmento più lungo della curva, in vista della fine delle mosse restrittive della Federal Reserve.
Tema del mese, l’analisi fondamentale
A che livello le case di investimento europee organizzano la ricerca e l’analisi delle società da inserire nei loro portafogli?
Il quadro emerso dalle risposte degli asset manager è piuttosto eterogeneo: si va dalla presenza di team interni di ricerca con oltre 50 analisti, all’acquisto più o meno frequente di analisi esterne per almeno il 20% degli intervistati.
Pochi riferiscono di assumere alla conclusione della carriera universitaria e di formare direttamente gli analisti preferendo, al contrario, persone con diversi anni di esperienza nel settore. Il turnover è basso, inferiore al 10% annuo.
I due terzi degli intervistati organizza il proprio team di analisi per settori economici e solo il 21% è strutturato per mercati o strategie di investimento. Unica eccezione sono i Paesi emergenti, dove le performance sono dettate più dai trend geografici tipici di una regione, che dai movimenti che avvengono su base settoriale.
Il sondaggio è stato condotto tra il 22 e il 29 maggio 2006. Hanno partecipato questo mese 36 società di gestione europee, le più grandi per asset under management, che gestiscono in media 44 miliardi di euro e hanno in batteria 98 fondi.
Per l’Italia hanno partecipato Aletti Gestielle, Banca Fideuram, Bipiemme gestioni, CAAM sgr, Monte Paschi am, Pioneer Im, Sanpaolo Imi Am.
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