Dopo aver salutato la direttiva Ucits III, che disciplina le strategie e le politiche dei prodotti di gestione collettiva, l’ultimo prodotto del legislatore europeo si chiama Mifid ed è considerata la pietra angolare dell’azione comunitaria in tema di scambi, una sorta di nuovo big bang per la creazione di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa.
In breve, la direttiva mira a disciplinare l'attività degli intermediari e i servizi di investimento, propone di creare un quadro organico che disciplini le transazioni degli investitori rafforzando allo stesso tempo l’integrità e la trasparenza dei mercati comunitari, stimolando la concorrenza tra le Borse tradizionali e gli altri sistemi di negoziazione.
La normativa in breve
La direttiva 93/22/Cee (approvata il 10 maggio 1993), che contiene le linee guida sui servizi di investimento, sarà sostituita dalla 2004/39/Ce, conosciuta come Mifid (Market in financial instruments directive) che, approvata dal Parlamento europeo il 21 aprile 2004, mira a disciplinare l'attività degli intermediari finanziari che erogano servizi di investimento individuali. In particolare, consentirà alle società –soprattutto banche di investimento, gestori di portafoglio, brokers, società che operano con future, opzioni e materie prime- di prestare più agevolmente i loro servizi a livello transfrontaliero, rimuovendo gli ostacoli all’uso del passaporto Ue.
Inoltre Mifid si propone di aumentare la trasparenza tra le attività di trading e di promuovere la concorrenza e la parità di condizioni tra i sistemi di negoziazione esistenti in Europa.
Ma la direttiva contiene anche importanti novità che riguardano direttamente gli investitori, in qualche misura già incorporate nella legge italiana sul risparmio. Ad essi viene infatti garantito il riconoscimento della loro professionalità (a seconda che si tratta di investitori istituzionali o privati) e della loro competenza nella valutazione dei rischi di ciascuna operazione.
“La direttiva”, spiega Roberta D’Apice, direttore del settore legale di Assogestioni, che a gennaio 2007 promuoverà un convegno aperto sull’argomento “coinvolge le SGR principalmente sotto tre profili: la prestazione del servizio di gestione individuale, il potenziale accesso diretto al mercato e la distribuzione dei propri prodotti”. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, con l’articolo 42, la Mifid “consente ai mercati regolamentati di ammettere all’operatività diretta anche le Sgr, che potranno scegliere di non avvalersi di un intermediario e acquistare direttamente sui mercati finanziari”.
Un’apertura strettamente connessa al concetto di
best execution previsto dall’articolo 21, ovvero l’obbligo di eseguire gli ordini alle condizioni più favorevoli per il cliente, non solo tenendo conto del prezzo, ma anche dei costi, della rapidità e della probabilità di esecuzione. “Se è l’Sgr a operare sul mercato” continua D’Apice “dovrà farsi carico di garantire la best execution delle operazioni. In caso contrario, dovrà predisporre i criteri in base ai quali selezionare il miglior negoziatore che poi dovrà adempiere a tali obblighi”.
“Un altro aspetto” continua D’Apice “riguarda la disciplina dei conflitti di interesse con particolare riguardo al tema della gestione individuale e collettiva. Secondo il legislatore comunitario i conflitti vanno gestiti attraverso regole organizzative e di trasparenza piuttosto che mediante l’imposizione di rigidi limiti quantitativi, come invece stabilito dall’articolo 9 della legge 262/2005. In questo senso, la legge italiana sul risparmio non è in linea con lo spirito comunitario”.
Per quanto riguarda l'ultimo aspetto, conclude D’Apice, “con la Mifid la consulenza diventa un servizio di investimento e potrà quindi essere remunerato come tale”.
La consulenza a parcella
Uno degli aspetti di Mifid maggiormente dibattuti in sede parlamentare riguarda il rapporto tra cliente e collocatore, in altre parole, la previsione della consulenza autonoma e non strumentale rispetto ad altri servizi di investimento. Innanzitutto, “con la MIfid, la consulenza torna ad essere materia riservata”, spiega Elio Conti Nibali, riconfermato ai vertici dell’Anasf, la società dei promotori finanziari che lo scorso sabato, all’interno dell’ottavo Congresso, ha tenuto un convegno sul tema. “Fino ad oggi, chiunque poteva fare il consulente, ma con la nuova legge l’attività potrà essere svolta solo da soggetti abilitati”. Chi sono questi soggetti?
Oltre le banche e le sim, anche le società di professionisti, persone giuridiche o fisiche, in possesso di determinati requisiti professionali e patrimoniali. “Siamo molto soddisfatti della strada intrapresa dal legislatore italiano e che sia stata accantonata la proposta di prevedere la costituzione di una Società per azioni, una forma giuridica troppo stringente e limitativa della capacità professionale. Siamo inoltre orgogliosi del fatto che la figura del tied agent richiamato dalla normativa comunitaria, altri non è che il promotore italiano, l’unica figura che può svolegre le due fasi, quella della consulenza e della vendita dello strumento di investimento”.
Una figura che, invece, non convince Luca Zannone, amministratore delegato di Genesi sim. “Ho l’impressione che si voglia creare una sorta di superman della consulenza finanziaria, al quale verrebbero delegate funzioni che vanno dalla profilazione del cliente, alla promozione dei prodotti finanziari, dalla disposizione di ordini, alla selezione degli strumenti per profilo di rischio, fino all’asset allocation. Non basterebbero mille esami per creare una figura professionale di questo tipo” spiega Zannone.
“Riteniamo che la consulenza a parcella sia oggi utilizzata da molti come uno strumento di marketing, per ripresentarsi sul mercato “privi di quel peccato originale” che consiste nell’avere prodotti da collocare. Il problema vero è l’incapacità di mettere insieme i fondi con coerenza. E i costi della consulenza oggettiva sono oggettivamente ingiustificati, perché il cliente paga già una fee di gestione sui prodotti che nessuno gli sconta”.
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