Gestori, ai fondi serve più competizione

Il Ter dei fondi europei è salito negli ultimi cinque anni e sono scarse le pressioni competitive a un ribasso, anche perché le opportunità transfrontaliere previste dalla Ucits III non hanno ancora trovato attuazione. Nel 2007 le large cap faranno il bis, ma i listini cresceranno a tassi più contenuti. In calo il Regno Unito, Eurolandia resta la piazza preferita.

Maria Grazia Briganti 12/12/2006 | 23:33
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Le commissioni dei fondi non sono scese nel corso degli ultimi cinque anni e i livelli delle fee per i fondi azionari e bilanciati sono ancora alti, anche se i risparmiatori sono diventati più sensibili ed informati sulle differenze di prezzo.

E’ questo uno dei trend più significativi emersi dall’indagine sul pricing dell’offerta dei fondi in Europa, svolta da Morningstar tra le principali case di gestione del Vecchio Continente.

La competizione o le economie di scala favorite dalle opportunità cross border che la Ucits III avrebbe dovuto contribuire a creare, sono ancora lettera morta. Il 66% degli asset manager intervistati ha

risposto che il Ter (Total Expense Ratio) medio dei fondi azionari negli ultimi cinque anni, è aumentato.

E’ diminuito solo nel 14% dei casi, mentre per il 20% non ha subito variazioni. Solo la pressione competitiva è percepita come un possibile fattore di revisione del pricing. Altri fattori, quali il taglio dei costi di transazione o della distribuzione, sono considerati trascurabili.

Del resto, per l’82% degli intervistati, i risparmiatori ricevono informazioni sufficienti per individuare le spese dei loro investimenti e confrontare i costi dei diversi fondi.

Un’affermazione che va contro la crescita delle fee nei passati cinque anni. In un mercato competitivo, con una completa informazione, ci aspetteremmo invece che la domanda degli investitori si rivolga verso i fondi con commissioni minori, spingendo verso il basso il prezzo dell’offerta.

Il fatto che questo non sia avvenuto significa, o che gli investitori non hanno piena conoscenza delle spese, o che queste non siano un fattore determinate nelle decisioni di investimento. Il successo dei più onerosi hedge fund come strumento di investimento, potrebbe essere un esempio che supporta la seconda ipotesi.

Le large cap faranno in bis

Nel novembre dello scorso anno, i gestori europei avevano preannunciato il sorpasso delle società a larga capitalizzazione sulle small cap.

Negli ultimi 12 mesi, infatti, l’indice mondiale Msci World small cap è salito del 5,9%, contro il 7% dell’Msci World large cap blend, che comprende le maggiori società a livello internazionale. Ancora meglio (+11,1%) hanno fatto le società cosiddette value, cioè quelle con business stabili e bassi tassi di crescita, mentre le società con caratteristiche “growth” a un anno registrano in media un guadagno del 2,8%.

Per l’84% degli asset manager intervistati, le blue chip faranno il bis anche nel 2007, mentre per quasi un manager su due saranno le aziende growth a sovraperformare, convinti che tassi di crescita degli utili superiori a quelli del mercato siano uno dei driver per il rialzo dei prezzi azionari nel lungo periodo. Solo il 24% ritiene più profittevole l’investimento nelle società “value”.

Nel complesso, i più grandi gestori di capitali in Europa sono ancora ottimisti sul futuro dei listini nei prossimi 12 mesi: il 64% indica che le Borse continueranno a salire, seppur con tassi di crescita più contenuti che non supereranno il 10%.

Europa ancora su, in flessione il Regno Unito

Come già avvenuto negli ultimi due anni, per il 40% degli intervistati Eurolandia sarà l’area più promettente anche nel 2007, mentre un fund manager su quattro guarda positivamente all’Asia, Giappone escluso.

Alla Borsa di Tokyo va il 16% delle preferenze, in calo dal 20% di giugno: le difficoltà economiche del Paese e il mancato rally del listino, rimasto indietro rispetto alle principali piazze internazionali, hanno infatti penalizzato le previsioni future dei gestori.

E’ tuttavia la piazza di Londra a raccogliere la maggior quota di pessimisti: la stretta monetaria in atto per sconfiggere l’inflazione, così come il peggioramento delle finanze pubbliche inglesi prevalgono sui risultati positivi del Prodotto interno lordo dell’ultimo trimestre e fanno salire al 28% (erano il 3% nell’ultimo sondaggio) la percentuale di coloro che prevedono per la City un anno con il segno meno.

Il processo di consolidamento del settore finanziario sosterrà le performance di banche e assicurazioni anche nel 2007 per il 30% degli intervistati, mentre le valutazioni più convenienti inducono il 17% degli asset manager a indicare il comparto dei software tra i migliori del prossimo anno.

A caccia di rendimenti nel reddito fisso, dollaro ancora in discesa

Dopo due anni di cedole poco generose per i bond, gli asset manager mostrano una maggiore propensione al rischio, preferendo nel 40% dei casi il debito emergente rispetto ai titoli societari e governativi. Il cambiamento è elevato, se si considera che a giugno solo il 12% degli intervistati puntava sulle obbligazioni dei Paesi in via di sviluppo.

I gestori sono invece ancora cauti verso l’assunzione del rischio tassi. Il 76% -erano meno del 60% a giugno- individua nei titoli con bassa durata finanziaria gli strumenti più adatti per investire nel reddito fisso nel prossimo anno, contro il 24% che propende per le scadenze lunghe.

Assieme all’euro, però, lo yen viene considerato la valuta più promettente del prossimo anno, mentre non vi sono dubbi su un ulteriore calo del dollaro, visto in discesa dal 70% dei fund manager.

Il sondaggio è stato condotto tra il 20 e il 24 novembre 2006. Hanno partecipato questo mese 38 società di gestione europee, le più grandi per asset under management, che gestiscono in media 35 miliardi di euro e hanno in batteria 113 fondi. Per l’Italia hanno partecipato Aletti Gestielle, Banca Fideuram, BG Sgr, Bipiemme gestioni, Bnl Gestioni, Eurizon Capital, Monte Paschi Am, Pioneer Im.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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