Le condizioni sul mercato, ha spiegato la Banca centrale Usa con una nota “si sono deteriorate e la difficile situazione di accesso al credito, assieme alle maggiori incertezze, possono essere di ostacolo alla crescita economica. Anche se l'economia reale sta continuando la fase di moderata espansione il Fomc ritiene che i rischi di un peggioramento della congiuntura siano aumentati notevolmente». Il Comita
to «sta monitorando la situazione ed è pronto ad agire nei modi necessari per mitigare gli effetti negativi sull'economia che emergono dalle turbolenze sui mercati finanziari”. La decisione, alla quale non si ricorreva dal 2001, è arrivata nell’ultima seduta di una settimana nera per le Borse mondiali. L’indice Msci World (calcolato in euro), in cinque giorni ha perso il 3%, nonostante le centinaia di miliardi di dollari pompati nel sistema finanziario globale dalle maggiori banche centrali.
Europa L’indice Msci del Vecchio continente nell’ultima settimana ha perso il 5,6%, nonostante la forte ripresa registrata nell’ultima seduta. Anche in questo caso hanno fatto bene le notizie arrivate dalla Federal Reserve e la ripresa dei titoli finanziari. Resta l’incognita su quello che farà la Banca centrale europea. L’istituto di Eurolandia aveva già annunciato un rialzo dei tassi per settembre. Secondo molti economisti quel progetto adesso dovrebbe essere buttato nel cestino. Alzare il costo del denaro di un quarto di punto portandolo al 4,25% nel mezzo della tempesta subprime, spiegano, rischierebbe di strangolare le imprese portandone molte alla bancarotta. Con tanti saluti alla ripresa economica che la Bce dice di voler tenere sotto controllo per evitare l’inflazione. Quanto poi questa crescita congiunturale sia una realtà è tutto da verificare. Nel secondo trimestre il Pil dell’area euro è cresciuto meno delle attese, mentre l’inflazione è rimasta sotto il livello di guardia del 2%.
Asia L’indice Msci della zona ha perso il 5,4%. I listini asiatici, per motivi di fuso orario, non hanno potuto approfittare della mossa della Fed e, nell’ultima seduta della settimana, hanno registrato la peggiore scivolata degli ultimi 17 anni. Le borse dell’area asiatica continuano a scontare la percezione che di esse hanno gli operatori: instabili e a rischio. Di conseguenza in momenti di forte volatilità come quelli di queste settimane sono le prime a scontare la fuga degli investitori. Le aziende della zona, inoltre, esportano la maggior parte dei loro prodotti negli Stati Uniti. Un rallentamento dell’economia Usa, quindi, avrebbe un impatto significativo sui loro bilanci. Non aiuta nemmeno l’andamento delle materie prime che di solito sono un porto sicuro nei momenti di tempesta. Le commodity stanno raggiungendo minimi storici. Il petrolio trattato a New York, per esempio ha toccato i 71 dollari al barile, il livello più basso dal 29 giugno. A questo punto, dopo le decisioni della Federal Reserve bisognerà aspettare lunedì per vedere se sui listini asiatici tornerà a farsi vedere la fiducia.
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