E’ Mifid anche in Italia

Il Governo dà il via libera alla direttiva sui mercati e gli strumenti finanziari. Cade l’obbligo di concentrazione degli scambi, la consulenza diventa “riservata” e sono rafforzate le misure a tutela dei risparmiatori. Tra i temi caldi, gli inducements e i conflitti di interesse.

Sara Silano 31/08/2007 | 09:36
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Sullo scoccare del gong, il Governo ha approvato il decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sui mercati, gli strumenti e i servizi finanziari, nota come Mifid. Qualche giorno ancora di ritardo e l’Italia avrebbe rischiato di cadere sotto la procedura di condanna della Corte di giustizia europea per non aver rispettato i tempi. La nuova normativa entrerà in vigore il 1° novembre, anche se gli intermediari avranno tempo fino alla fine di giugno 2008 per adeguare gli attuali contratti con i clienti. Spetterà inoltre alla Banca d’Italia e alla Consob emanare i regolamenti attuativi.

La direttiva è destinata a rappresentare un momento di svolta per i mercati e gli intermediari e, a differenza della precedente normativa, si pone l’ambizioso obiettivo di promuovere un unic

o mercato europeo dei servizi finanziari, che porti a una riduzione dei costi e offra più trasparenza e scelta per gli investitori. Tra i principi base, infatti, vi è il divieto imposto agli Stati membri di stabilire obblighi aggiuntivi per le imprese del settore.

In molte disposizioni normative traspare chiaramente l’esigenza del legislatore di adeguarsi all’evoluzione del sistema. Il caso più emblematico è l’abolizione dell’obbligo di concentrazione degli scambi nei mercati regolamentati e il riconoscimento di altre piattaforme di contrattazione, che introduce una maggior concorrenza e apre la strada a nuovi operatori e a una riduzione dei costi.

In alcuni casi, le nuove norme sono il risultato di un travagliato cammino. Un esempio che vale per tutti è quello della consulenza. Come rileva Luca Zitiello nel volume Mifid. La nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari, in Italia, la prima regolamentazione in materia è stata dettata nel 1991 e comprendeva tale attività tra quelle di intermediazione mobiliare, sottoponendola ad autorizzazione e riservandola agli intermediari abilitati. Successivamente venne liberalizzata e ampio è stato il dibattito in mancanza di una rigorosa definizione di questo servizio. Ora, la direttiva europea inverte la rotta e torna a riservare tale attività a soggetti in possesso di determinate caratteristiche e sottoposti a controlli di vigilanza. Viene, infatti, istituito un albo sottoposto alla vigilanza della Consob.

La Mifid tocca da vicino l’investitore finale, che assume un ruolo più attivo, perché sono introdotti diversi livelli di servizio, dalla mera esecuzione degli ordini (execution only), attività per la quale l’intermediario non è tenuto a chiedere informazioni aggiuntive al cliente per valutare l’appropriatezza degli strumenti finanziari offerti, al più complesso servizio di consulenza, distinto dalla fornitura di consigli generici. Inoltre, la direttiva stabilisce tre tipi di clienti: le controparti qualificate, che operano nei servizi di negoziazione e raccolta ordini, gli operatori professionali, che possiedono l’esperienza e le competenze per prendere autonomamente le proprie decisioni e valutare correttamente i rischi, e i clienti al dettaglio, i quali necessitano di un maggior livello di tutela.

Sempre ispirato alla tutela e trasparenza nei confronti dell’investitore finale è la disciplina sugli inducements (particolari incentivi legati alla prestazione di servizi finanziari), che detta criteri per suddividere le pratiche ammesse da quelle proibite. Per quelle ammesse, in ogni caso, la direttiva pone alcune condizioni: la comunicazione chiara al cliente, la garanzia della qualità del servizio, l’obbligo di servire al meglio gli interessi del cliente.

Sulla stessa linea si pone la disciplina dei conflitti di interesse, nodo delicato soprattutto nel rapporto tra banche e fondi. Gli intermediari dovranno adottare misure adeguate per identificarli e gestirli in modo che non danneggino i clienti. Se non potranno eliminarli, dovranno, comunque, esporli in modo chiaro all’investitore.

La direttiva, dunque, pone le basi per una maggior trasparenza e tutela degli investitori, ma cerca anche di responsabilizzare questi ultimi, che assumono, nel bene e nel male, un ruolo attivo nelle scelte in merito ai propri risparmi. La Mifid può rappresentare una rivoluzione, come molti l’hanno definita, ma solo se non sarà trattata con superficialità né dagli intermediari né dai clienti.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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