Gli investitori, del resto, hanno fame di nuove idee. La stagione delle fusioni e acquisizioni, che tanto aveva regalato nei mesi scorsi, per il momento sembra essere passata. Secondo un’analisi di Bloomberg
ad agosto sono state chiuse operazioni di merger & aquisition per 188 miliardi di dollari. Il livello più basso registrato da luglio 2005. Da inizio anno il valore è stato poco superiore ai 3.300 miliardi di dollari.
Segnali positivi sono arrivati dal fronte macreconomico. Secondo i dati del Dipartimento del commercio le spese dei consumatori a luglio sono cresciute dello 0,4% contro il +0,2% segnato a giugno. E’ vero, spiegano gli analisti, che la crisi dei subpprime ha inciso sulla capacità di spesa degli americani. Ma, aggiungono, il dato è superiore alle attese e dimostra un raffreddamento dell’inflazione. Insomma, dicono gli operatori, con queste condizioni la Federal Reserve potrebbe decidere un taglio dei tassi di interesse.
Europa L’indice Msci del Vecchio continente nell’ultima settimana ha guadagnato circa lo 0,5%. Da questa parte dell’Oceano si aspettano con ansia i risultati del secondo trimestre. Secondo le previsioni degli analisti, infatti, i bilanci aziendali sono in salute. Approfittando della tempesta mutui alcune società hanno deciso di accelerare i programmi di riacquisto di azioni proprie. Oltre che far bene agli azionisti (meno titoli ci sono in giro, più aumentano i dividendi per i soci che restano), queste operazioni di solito indicano l’ottimismo di un’azienda.
Dal punto di vista congiunturale la situazione è meno chiara. Ad agosto la fiducia dei consumatori e delle aziende di Eurolandia è passata da 111 a 110, il livello più basso degli ultimi sei mesi.
L’inflazione, intanto, è rimasta all’1,8%. In altre parole: da un anno è al di sotto del livello di guardia del 2% fissato dalla Banca centrale europea. Tutti ottimi motivi, dicono gli osservatori, per lasciare invariati i tassi di interesse.
Asia L’indice Msci della regione nell’ultima ottava ha perso lo 0,3%, ma rispetto al -3,6% lasciato per strada nell’ultimo mese, secondo gli operatori è andata di lusso. Nell’ultima seduta della settimana le Borse asiatiche sono riuscite a mettere a segno i maggiori guadagni delle ultime tre ottave.
A ridare fiducia agli investitori sono state le anticipazioni arrivate dagli Stati Uniti sui provvedimenti (ufficializzate con un giorno di ritardo per via del fuso orario) introdotti dalla Casa Bianca per i titolari di subprime. Se tutto funzionerà per il verso giusto, dicono gli analisti, agli investitori tornerà un po’ di appetito per gli asset dei Paesi più rischiosi. Quelli asiatici in testa.
Scenario a due facce, invece, per il Giappone. L’indice Msci del Paese nell’ultima settimana ha perso l’1,6%, guadagnandosi la maglia nera per le performance dell’ottava fra i maggiori mercati internazionali. Secondo il Ministero nipponico dell’industria e del commercio, la produzione industriale a luglio è scesa dello 0,4% rispetto al mese precedente. Secondo i risultati preliminari di agosto, invece, questo mese sarebbe salita del 6,8%. Ma gli esperti prendono il dato con le molle e aspettano settembre per avere la conferma.
Lo yen, intanto, ha ripreso a ritracciare contro dollaro ed euro. La notizia è buona soprattutto per gli esportatori: una valuta debole aumenta il valore dei guadagni realizzati all’esetro una volta convertiti in moneta locale.
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