È questa una delle esigenze che con più forza è emersa dalla tavola rotonda che si è svolta lo scorso giovedì a Roma tra i vertici delle maggiori reti di distribuzione finanziarie che operano sul mercato italiano. A moderare il dibattito, Elio Conti Nibali, presidente dell’Anasf, l’Associazione dei promotori finanziari che nella tre giorni romana ha festeggiato i suoi trent’anni di attività.
Dal 1977 ad oggi, l’industria finanziaria italiana ha subito profondi mutamenti e con essa è cambiata la figura del p
romotore, da venditore di prodotti del risparmio semplici e gestore della relazione con cliente, a consulente sempre più esperto in materia fiscale, di pianificazione finanziaria e previdenziale che l’introduzione della Mifid contribuirà a creare.
Tuttavia, “pur nella consapevolezza della sua importanza per il business della società”, ha spiegato Nicola Ronchetti di GFK Eurisko, presentando i risultati della sesta edizione di PF monitor svolto tra 1.720 professionisti, “il promotore sottolinea alcuni aspetti che dovrebbero essere migliorati nel rapporto con la società mandante”. Per Vincenzo De Rosa, direttore generale di Mps Banca Personale, i promotori non solo richiedono maggior impegno e attenzione, ma soffrono la mancanza di partecipazione della rete alle decisioni di carattere strategico della società.
Questo è uno dei fattori che spiegano il calo del livello di soddisfazione complessiva nel 2002, quando le operazioni di fusione e di acquisizione tra reti di distribuzione hanno visto diversi team cambiare casacca. Ma l’evidente discesa della soddisfazione nel 2007, dopo tre anni consecutivi di crescita e nonostante il positivo andamento del mercato azionario, va ricercata anche nella qualità dei prodotti, che i pf ritengono più importante del livello di remunerazione.
“Tuttavia” prosegue Ronchetti “il promotore è meno soddisfatto rispetto al passato dei suoi livelli retributivi, soprattutto quelli provenienti dalle management fee e riscontra maggiori difficoltà nelle operazioni quotidiane”, che consistono nei tempi di apertura dei contratti, fino alle operazioni di back office.
Al contrario, è soddisfatto del supporto che la società è in grado di offrire in termini di portafoglio prodotti, grazie all’introduzione, da parte di ormai quasi tutte le reti, dell’offerta multibrand. Un elemento che implica, allo stesso tempo, la necessità di una maggiore preparazione per evitare di frammentare troppo i portafogli dei clienti e di superare potenziali conflitti di interessi. Tuttavia, il 21% dei promotori intervistati è ancora critico e il 12% ritiene che la società di appartenenza non abbia adottato un modello distributivo realmente multimanager, ma solo di facciata.
È la consulenza il nuovo traguardo atteso dai promotori e sui nuovi scenari aperti dalla Mifid le aspettative sono elevate. Antonio Spallanzani, presidente di Assoreti, ha spiegato l’enorme sforzo svolto dalle reti di distribuzione in questi giorni nell’adeguare la modulistica contrattuale alle esigenze imposte dalla normativa.
Non sarà un processo facile, nè esente da errori e i prossimi mesi saranno uno dei banchi di prova più ardui degli ultimi anni.
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