La principale causa del calo del listino si chiama ancora “comparto finanziario” che, pesando in maniera sostanziale sulla capitalizzazione domestica, continua a fornire gli alibi necessari per alimentare il clima di sfiducia.
Un macigno che pesa soprattutto su Unicredit, l’unica banca italiana di respiro internazionale, che però non ha a
ccusato perdite miliardarie legate ai mutui subprime. Secondo gli analisti di Websim, “il ragionamento degli investitori è che prima o poi qualche magagna dovrà saltare fuori, e allora meglio portarsi avanti e vendere”.
L’impennata del prezzo del petrolio e i nuovi record realizzati dall’euro hanno poi contribuito a ridurre l’appeal dei listini europei e naturalmente di quello tricolore.
A testimonianza del fatto che l’ondata di panico ha coinvolto tutto il mercato, c’è il forte calo non solo dei bancari (-3,14% nel mese) ma anche del comparto immobiliare che ha perso il 14,8%, seguito dal settore della distribuzione e delle costruzioni, entrambi gravati da perdite a doppia cifra.
A difendersi sono state le utilities e le telecomunicazioni, con Enel che ha ceduto solo il 2%, mentre Telecom, dopo alcune settimane di guadagni, ha perso nel mese l’1,2%. Il mercato è ora pronto a valutare gli effetti del cambio dei vertici che ha riportato alla guida della società Franco Bernabè in qualità di amministratore delegato.
Con queste premesse, secondo alcuni analisti, c’è ancora spazio per il rally di fine anno che potrebbe trovare lo spunto dal flusso cedolare garantito da alcuni big e dalle basse valutazioni raggiunte dai titoli. Due elementi che potrebbero premiare soprattutto le Blue Chip, che vantano una buona visibilità degli utili e dei tassi di crescita dei profitti che per l’anno in corso dovrebbero essere vicini al 12%, nonostante il rallentamento del terzo trimestre.
Numeri che invece non convincono un’altra schiera di economisti che pone l’accento sui dati macroeconomici, uno dei più importanti freni alla crescita di Piazza Affari. Oltre all’inflazione, è la forza dell’euro l’altro spauracchio comune a tutta Eurolandia, che peserà notevolmente sulle esportazioni e la produzione domestica.
Se nel terzo trimestre il Prodotto interno lordo italiano è cresciuto dello 0,4% sui tre mesi precedenti, vale a dire circa l’1,6 per cento su base annuale, le previsioni per il quarto trimestre parlano di un tasso che non supererà lo 0,2%, nonostante l’ultimo mese sia quello natalizio, in cui di solito l’aumento dei consumi dà una mano all’economia. E il quadro non migliora nel 2008, in cui l’aumento del Pil, secondo le proiezioni, dovrebbe attestarsi all’1,3%.
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