Ma non è sufficiente per decidere come impostare le strategie in attesa del 2008. Normalmente alla fine dell’anno gli investitori si spostano sulle small cap che, in questo periodo, iniziano a correre. Con le Borse ancora alle prese con la crisi dei mutui americani subprime i numeri che arrivano dagli Stati Uniti, apparentemente, non aiutano a prendere
una decisione. L’indice S&P500 dal 19 luglio ha perso l’8,36% mentre il Russell 2000 (quello delle piccole imprese), nello stesso periodo ha lasciato per strada il 12,75%.
Stati Uniti L’indice Msci North America nell’ultima ottava ha guadagnato circa il 4%. L’esercizio preferito dagli economisti, anche nei giorni scorsi è stato quello di interpretare le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve Ben Bernanke. Il numero uno della Banca centrale americana ha detto che bisogna capire se è più a rischio la crescita o l’inflazione. Secondo alcuni osservatori è il segnale di un nuovo taglio dei tassi di interesse in arrivo a dicembre.
Le condizioni ci sarebbero. La frenata, dicono gli osservatori, rischia di diventare recessione, mentre il sistema finanziario Usa scricchiola. Banche e assicurazioni hanno dovuto svalutare asset per oltre 65 miliardi di dollari nel tentativo di compensare le perdite derivate dai subprime. Se la Fed saprà parare il colpo, dicono gli analisti, l’azionario continuerà ad essere un buon investimento.
Europa L’indice Msci del Vecchio continente nell’ultima settimana ha guadagnato il 4,5%. Anche da questa parte dell’Oceano tutti gli occhi sono puntati sui tassi di interesse. Secondo gli ultimi dati di Eurostat l’inflazione nei 13 Paesi di Eurolandia a novembre è salita al 3% rispetto al 2,6% di ottobre. Si tratta del balzo maggiore degli ultimi sei anni. L’indice sulla fiducia di imprenditori e consumatori, invece, è ai minimi degli ultimi 20 mesi. A questo punto la Bce si trova davanti a un dilemma: meglio mettere in pericolo la stabilità delle aziende e delle banche (e dei privati che hanno contratto un mutuo a tasso variabile) o sopportare un’inflazione più alta? Goldman Sachs sembra non avere dubbi e, in una lettera aperta al governatore Jean Claude Trichet, ha chiesto un taglio del costo del denaro che possa rilanciare i consumi. Anche nel Vecchio continente, intanto, si attendono con ansia le decisioni della Fed. Un taglio dell’America secondo gli analisti stabilizzerebbe la situazione anche da noi. E renderebbe più interessanti le azioni delle aziende europee.
Asia L’indice Msci della regione nelle ultime cinque sedute ha guadagnato il 4,2%. La speranza di un taglio da parte della Fed e di una frenata meno pesante dell’economia Usa ha fatto tornare gli investitori che hanno dato un po’ di respiro alle aziende dell’area e, di conseguenza, ai listini. A beneficiarne sono stati soprattutto i titoli delle materie prime e infrastrutture per le quali gli analisti sono tornati a ragionare in termini di domanda da parte dei Paesi emergenti. Difficile dire quanto durerà. Gli investitori hanno già dimostrato di essere molto volubili, soprattutto in un periodo di turbolenza come questo.
Discorso a parte, come sempre, per il Giappone. L’indice Msci del Paese nell’ultima settimana, ha guadagnato il 4,4%. E il Sol levante, secondo gli ultimi dati dell’ufficio nazionale di statistiche sta tornando a fare i conti con l’inflazione. L’indice dei prezzi al consumo a ottobre è salito dello 0,1% rispetto allo stesso mese del 2006, mentre la disoccupazione, dopo la crescita di settembre e agosto è rimasta stabile al 4%. Non è ancora chiaro se questo basterà alla banca centrale giapponese per decidere di alzare i tassi. Anche in questo caso molto dipenderà dalle notizie in arrivo dagli Stati Uniti.
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