Lunedì la Federal Reserve ha collocato 20 miliardi di dollari a un tasso del 4,17%, mentre ieri la Banca Centrale europea ha lanciato un'asta illimitata di titoli di Stato a un tasso che non ha superato il 4,21%, soglia minima fissata dalla Bce.
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Ciononostante, al momento, il settore fatica a riprendere terreno e solo nell’ultima settimana, al 18 dicembre, l’indice mondiale del comparto, l’Msci World financial ha perso il 6,2%, nell’ultimo mese la flessione è stata dell’1,8%.
Gli operatori continuano ad affermare che non è solo questione di liquidità del mercato dei capitali, ma di solidità del sistema. A testimonianza di come la prudenza faccia presto a tradursi in sfiducia è Goldman Sachs, che ieri ha annunciato dati record di utili e fatturato sul quarto trimestre, ma ha chiuso in Borsa con un -7% perché il direttore finanziario David Viniar ha espresso cautela sullo scenario futuro.
E mentre altri colossi americani come Citigroup, Merrill Lynch e Bearn Stearns sono impegnati in svalutazioni e creazione a bilancio di fondi di emergenza, anche nelle altre parti del mondo si continua a soffrire per gli strascichi della tempesta subprime. Solo nelle ultime due settimane alcune grandi banche australiane come National Australia Bank, ANZ Bank e Macquarie hanno realizzato perdite a due cifre.
Le europee non navigano in acque migliori e alla crisi di Ubs (svalutazioni per 10 miliardi di dollari e quasi un -25% nelle ultime due settimane), fa eco il crollo della britannica Northern Rock, il cui titolo è oggi sotto gli 80 pence, contro gli oltre 1000 pence di inizio anno.
In questo periodo, suggeriscono gli analisti, è tempo di guardare alle valutazioni, perché è proprio quando i titoli dei giornali e i report guidano verso il basso il mercato, che l’investitore di lungo periodo viene premiato. Senza alcun segnale di permanente collasso, il sistema finanziario resisterà.
Mentre il denaro a buon mercato, almeno nel breve termine, è da escludere, la maggior parte delle società tornerà alle normali procedure operative entro il primo trimestre del 2008. La vera sfida è riuscire a selezionare quelle più sane, che sapranno sfruttare i tassi più alti per fare buoni affari. E separarle da quelle che non sopravviveranno alla crisi, perché hanno creduto alle occasioni di credito facile e hanno concesso prestiti con standard di garanzia molto bassi e ora diventati inesigibili.
In questo contesto le banche italiane, secondo gli analisti, hanno pagato oltremisura della crisi dei prestiti subprime, pur essendone state toccate solo marginalmente. Secondo gli strategist di Morgan Stanley, gli istituti domestici non incontreranno i loro obiettivi di bilancio e soffriranno di utili inferiori alle attese. Per questo motivo hanno tagliato le loro stime per il triennio 2007-09 del 9,5%.
Il settore bancario italiano resta oggi molto più concentrato e competitivo di quanto non fosse 18 mesi fa. Poiché i margini e i volumi si stanno riducendo, anche secondo Morgan Stanley assisteremo a una separazione tra vincitori e perdenti. La chiave del successo è la dimensione e nessuna banca in Europa ha lo stesso tasso di concentrazione di Intesasanpaolo. Le banche piccole, e quelle sottodimensionate, invece, potrebbero subire non poche pressioni nei prossimi 18 mesi.
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