In attesa del prossimo incontro tra tutti gli attori presso la Banca d’Italia, Assogestioni ha pubblicato un “documento di lavoro” con le proposte sul riassetto dell’industria per superare la
crisi. Per anni, è stato additato come principale problema per i fondi italiani rispetto agli esteri lo svantaggio fiscale, legato alla tassazione sul maturato, anziché sul realizzato (cioè all’atto del disinvestimento). Un’altra ipotesi sostenuta da tempo è quella del “campo di gioco” non livellato rispetto ad altri strumenti finanziari con minori obblighi di trasparenza, che proprio per la loro opacità sono stati collocati in grande quantità e con facilità dalle banche e dalle reti.
L’associazione ipotizza cinque modelli organizzativi che considera coerenti con l’attuale struttura dell’industria italiana e che potrebbero emergere in seguito ai cambiamenti in atto nel settore. Il primo è costituito da poche sgr di grandi dimensioni con un’ampia gamma di prodotti, quotate e controllate da gruppi bancari o assicurativi ma con piattaforme distributive semi-aperte; il secondo è composto da un insieme di sgr quotate di medie dimensioni, specializzate e indipendenti, con network sia chiusi che aperti. Il terzo è rappresentato da sgr non quotate, più piccole, molto specializzate e del tutto svincolate da gruppi e, infine, gli ultimi due sono caratterizzati da sgr ancora interamente controllate da banche o assicurazioni ma con piattaforme semi-aperte o, in alternativa, chiuse.
Rispetto a scenari più radicali, che prevedono la netta e immediata separazione tra produzione e distribuzione, quello delineato da Assogestioni ha il merito di essere “realistico”, perché parte dalla condizione attuale dell’industria e tiene conto dei vincoli e delle peculiarità del sistema italiano. Al di là degli assetti societari, però, esiste un connotato che l’industria deve assumere per poter rilanciarsi e di cui si è dibattuto nel corso dell’ITForum che si è svolto la scorsa settimana a Rimini. Si tratta della centralità dell’interesse del cliente tanto a livello di fabbrica quanto di distribuzione. Questo significa che la “produzione” deve essere di qualità, così come il servizio al cliente ed è auspicabile che i processi di consolidamento in atto e le nuove disposizioni normative, a partire dalla Mifid, servano a fare un po’ di pulizia degli operatori meno performanti.
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