Il prezzo dell’euro forte
La percentuale di gestori ottimisti sulle Borse europee è scesa ai minimi da oltre un anno e mezzo, passando dal 30% di maggio al 25%. E’ aumentato, invece, il numero di coloro che prevedono una s
tabilità attorno agli attuali livelli (45,8%) nei prossimi sei mesi, mentre i pessimisti sono rimasti invariati.
Nel Vecchio continente, l’euro forte pesa sulla competitività e sugli utili delle imprese, con effetti che si cominciano a vedere appena ora. Inoltre, i prezzi più elevati di alimentari ed energia erodono il potere di acquisto dei consumatori e la politica monetaria, tra le più restrittive nei Paesi sviluppati, non stimola l’economia in sofferenza. Secondo molti fund manager, le stime sui profitti continuano a rimanere troppo alte e dovranno necessariamente essere riviste al ribasso. Per questo motivo l’area è sottopesata, anche se non viene esclusa una possibilità di ripresa dei listini nella seconda parte del 2008.
Piazza Affari a rischio rialzo dei tassi
L’S&P/Mib è stato uno degli indici europei peggiori da inizio anno, a causa soprattutto del peso del settore finanziario. Un ulteriore colpo potrebbe arrivare dall’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea, che si somma alla debolezza dell’economia. Per queste ragioni il 47% dei gestori prevede un calo del listino milanese nei prossimi sei mesi, contro il 31,6% che si aspetta un incremento. La preferenza è accordata ai titoli difensivi, i cui utili sono scollegati dall’andamento del ciclo e che possono proteggere dall’aumento dell’inflazione.
Usa, ancora timori di recessione
Il sentiment sul mercato americano è alterno. A maggio, la percentuale degli ottimisti era salita al 55% perché la Federal Reserve aveva dato fiducia a Wall Street con il salvataggio di Bear Sterns. Nell’ultimo mese sono riemerse le preoccupazioni per il rallentamento dell’economia a causa dei deboli dati sull’occupazione, della fragilità del settore immobiliare, degli alti costi dei beni alimentari e dell’energia che rischiano di annullare i benefici delle agevolazioni fiscali. I gestori che si attendono un rialzo della Borsa americana sono, quindi, scesi al 45,8% a giugno, mentre coloro che prevedono un ribasso sono saliti sopra il 30%. Tra gli intervistati i pareri non sono unanimi sul fatto che il minimo della congiuntura sia stato raggiunto e sulla durata degli effetti della crisi: secondo alcuni sarà pluriennale; secondo altri limitata.
Qualche spiraglio in Giappone
I timori di inflazione e di un rallentamento globale ostacolano i tentativi di rimbalzo della Borsa di Tokyo. I gestori, però, cercano di cogliere i segnali positivi che si sono manifestati negli ultimi mesi, in particolare i crescenti flussi di denaro provenienti dal Medio Oriente e dagli Stati Uniti e il minor impatto del rincaro del petrolio, conseguente a un uso più efficiente di questa risorsa rispetto ad altre regioni. A giugno, la percentuale di ottimisti è cresciuta, passando dal 50% di maggio al 62,5%, mentre i pessimisti sono rimasti sui medesimi livelli. Questi ultimi sostengono che la sovra-performance del Topix rispetto all’indice mondiale a partire da marzo è dovuta principalmente ai riacquisti di azioni da parte delle aziende, alla crescita dei dividendi e ai bassi tassi di interesse, mentre lo scenario generale non è molto diverso da quello dei mercati occidentali.
Bond europei tra forze opposte
Nel discorso del 5 giugno, il presidente della Banca centrale europea ha aperto la strada a un possibile rialzo dei tassi a luglio. Resta, però, difficile definire un livello appropriato per i saggi di riferimento, spinti da due forze opposte (crescita economica e inflazione), per cui i gestori prevedono forti oscillazioni sul mercato obbligazionario. E’ possibile che i prezzi scendano nel breve per effetto della stretta, ma potrebbero risalire se il rallentamento congiunturale raffredderà l’inflazione. Il 50% degli intervistati prevede che le quotazioni rimarranno attorno agli attuali livelli nei prossimi sei mesi, mentre il 41,7% stima una discesa. La maggior parte, inoltre, dichiara di voler mantenere bassa la duration.
Il reddito fisso Usa sta alla finestra
Dopo la forte correzione del mercato obbligazionario americano, alcuni gestori hanno cambiato il loro giudizio sui titoli governativi da negativo a neutrale. Per decidere le mosse future, tuttavia, i fund manager attendono di capire quali saranno le prossime mosse di politica monetaria, la durata della crisi economica e l’andamento dell’inflazione. La maggior parte degli intervistati, comunque, è convinta che i prezzi scenderanno, a fronte di un rialzo dei rendimenti, e solo il 12,5% prevede un incremento.
Più chance per il dollaro
Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, l’euro ha recuperato rispetto al biglietto verde, successivamente, però, si è nuovamente indebolito portandosi intorno a quota 1,53. Per il 65% dei gestori il dollaro si apprezzerà nei prossimi sei mesi contro il 4% che stima un indebolimento. Le ragioni sono diverse: il ritorno verso la normalità della politica monetaria americana, il rallentamento dell’economia europea, che dovrebbe stemperare le tensioni sui prezzi, la convinzione della Federal Reserve e del governo americano che la valuta debba stabilizzarsi per contrastare l’aumento dell’inflazione. Gran parte degli intervistati è convinto che nel giro di dodici mesi, il rapporto tra le due divise si assesti sotto quota 1,5.
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 3 e il 10 giugno, 24 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa l’80% degli asset gestiti in Italia. Si tratta di Aberdeen Am, Aletti Gestielle, American Express, Anima Sgr, Axa Im, Banca Profilo, Bnp Paribas Am, Clariden Leu, East Capital, Eurizon Capital, Euromobiliare Am, Fideuram asset management, Ing Im, Investitori, JC&Associati, Julius Baer, Maxos, MC Gestioni, Mps Am, Pioneer Im, Sella gestioni, Sgam, Total Return, Vontobel.
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