Europa stretta fra dubbi e certezze

La regione deve fare i conti con l'inflazione alle stelle e le decisioni della Bce. Ma alcune occasioni si possono trovare.

Marco Caprotti 01/07/2008 | 14:29
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L’Europa fa i conti con alcune certezze e molti dubbi. Gli elementi sicuri sono un’inflazione al 4% (il massimo da quando è stato introdotto l’euro), il prezzo del petrolio che punta con decisione verso quota 200 dollari al barile e la Banca centrale che, dicono gli economisti, continuerà a farsi beffe della crescita e alzerà di nuovo i tassi di interesse. Sui mercati finanziari si fanno anche i conti con un indice Msci della regione che nell’ultimo mese (fino al primo di luglio e calcolato in euro) ha perso più del 10%.

Gli elementi aleatori riguardano le mosse future della Bce – anche se i mercati sembrano scontare una nuova stretta per ottobre - lo scenario macroeconomico dell’area e, a ruota, le strategie di investimento da seguire in un’estate che si preannuncia tempestosa q

uasi come quella dell’anno scorso. “Nonostante la forza dell’euro molti Paesi continuano a fare bene”, ha spiegato Allan Nichols, analista di Morningstar durante l’annuale conference degli investitori a Chicago. “Anche se ci sono stati dei rallentamenti in Irlanda, Spagna e, pur se in misura minore, in Inghilterra molti Stati stanno facendo bene grazie ad esportazioni sorprendentemente in crescita. Alcune aziende di Eurolandia continuano a beneficiare dello sviluppo dei mercati emergenti: forniscono prodotti e servizi senza prendersi il rischio di aprire aziende in quelle zone”.

Proprio il Regno Unito resta uno degli osservati speciali in questo periodo: operatori ed analisti vogliono capire quale sarà il futuro del mercato immobiliare nel Vecchio continente e per questo monitorano con attenzione quello che viene considerato il benchmark di settore in Europa (storicamente il Regno Unito anticipa di circa un anno e mezzo quello che succederà nel resto della regione). E i segnali, almeno per il momento non sono rassicuranti. Secondo gli ultimi dati della Nationwide Buiding Society (l’associazione che raccoglie i quattro maggiori gruppi di mutui nel Paese) i prezzi delle case a giugno sono scesi ai minimi dal 1992. La concessione di prestiti per l’acquisto di immobili è ai minimi degli ultimi nove anni, mentre la fiducia dei consumatori ha fatto segnare il record negativo degli ultimi 18 anni. La crisi si è fatta sentire anche in Borsa. Nel secondo trimestre dell’anno i titoli del mattone hanno registrato la peggiore performance degli ultimi 20 anni. Se la situazione non migliorerà, dicono gli economisti, i sudditi di Sua Maestà potrebbero presto dover fare i conti con la recessione. E non è escluso che la stessa situazione infetti il resto d’Europa.

Ma se la malattia è evidente, più difficile è individuare la cura. Molti guardano con apprensione alle decisioni della Banca centrale europea. Una serie di rialzi dei tassi darebbe una raffreddata all’inflazione, ma metterebbe imprese e famiglie nella condizione di avere un accesso più difficile ai prestiti con inevitabili conseguenze negative sulla crescita congiunturale.

Dal punto di vista operativo, i titoli europei delle materie prime, che fino ad ora sembravano un porto sicuro vista la richiesta dai Paesi in via di sviluppo, potrebbero trasformarsi in un pericolo se la domanda dovesse fermarsi. Secondo i dati elaborati da Bloomberg, le commodity da gennaio hanno avuto il miglior primo semestre degli ultimi 35 anni. Per qualcuno, potremmo quindi trovarci di fronte a una bolla che sta per esplodere con effetti non del tutto chiari sui mercati. “In una situazione del genere, il nostro consiglio è di cercare società i cui prezzi siano depressi e che lavorino molto con i mercati emergenti, ma senza avere degli impianti di produzione in loco”, dice Nichols. “In questo modo si possono continuare a sfruttare le potenzialità di quelle regioni ma senza rischi diretti”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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