Gestori, le forze del bene e del male

Le valutazioni dei titoli azionari sono più attraenti, ma la congiuntura pesa sugli utili e la crisi creditizia non è a una svolta. Incertezza e sfiducia bloccano la ripresa.

Sara Silano 10/07/2008 | 16:01
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Sui mercati si consuma una battaglia tra forze contrastanti che generano volatilità e incertezza. E’ l’opinione dei gestori, che hanno partecipato all’ultimo sondaggio Morningstar sulle previsioni per i prossimi sei mesi. Da un lato, le valutazioni azionarie sono scese a livelli più interessanti rispetto a un anno fa e il ritorno da dividendi (dividend yield) è buono, in particolare in Europa. Dall’altro lato, però, il rallentamento dell’economia pesa sugli utili, la liquidità nel settore bancario scarseggia e gli alti prezzi del petrolio e dei beni alimentari penalizzano le attività produttive e i consumi. Secondo la maggior parte dei fund manager, quindi, le Borse entreranno in una fase di “trading range”, ossia di oscillazione attorno agli attuali livelli.

Europa, niente più

che un rimbalzo

Oltre la metà dei gestori prevede che le Borse del Vecchio continente rimangano attorno agli attuali livelli nella seconda parte dell’anno. E’ possibile che, dopo i forti cali dell’ultimo mese e mezzo, rimbalzino, ma senza riuscire a invertire definitivamente la rotta. Rispetto a giugno, i pessimisti sono diminuiti, perché le aspettative di rallentamento economico sono in buona parte incorporate nelle valutazioni. Inoltre, la crescita nel primo trimestre è stata superiore all’ultima parte dell’anno (+0,7 contro +0,4%), grazie soprattutto alla forza dell’industria tedesca. Il problema, però, oggi è di fiducia: i sondaggi rivelano che le imprese sono preoccupate per il continuo rincaro delle materie prime e l’apprezzamento dell’euro, oltre che per le condizioni di accesso al credito più restrittive.

Qualche spiraglio per l’Italia

Su Piazza Affari i gestori vedono un po’ meno nero. A luglio gli ottimisti sono saliti al 56,2 dal 31,6% di giugno. Il listino continua a subire gli effetti della crisi di liquidità innescata a livello globale dai mutui subprime (quelli di bassa qualità) americani. La crescita economica, inoltre, è bassa, mentre l’inflazione sale e questa situazione pesa sulla fiducia delle imprese. L’Italia continuerà a soffrire per il rallentamento congiunturale globale, ma non ha gli squilibri che caratterizzano altri Paesi, quali la bolla immobiliare o l’eccessiva esposizione creditizia da parte delle banche.

Finanziari spina nel fianco degli Usa

Wall Street non ha ancora smaltito la crisi creditizia. Le banche e le altre istituzioni finanziarie hanno dovuto ricorrere nuovamente ad aumenti di capitale e il numero di fusioni è il più basso degli ultimi 15 anni. Anche il settore immobiliare continua a soffrire, come testimonia il basso livello di investimenti e il calo dei prezzi (-15% nell’ultimo anno). Questa situazione si riflette negativamente sui consumi. “Dal 2003 al 2006, essi sono stati sostenuti dall’aumento di valore delle case”, ricorda Cristiano Busnardo, amministratore delegato di SG asset management Italia sim. “Oggi risentono del declino. Non stupisce quindi, che la fiducia dei consumatori a maggio sia scesa ai minimi dall’inizio degli anni Ottanta”. Esistono altri fattori di preoccupazione: la diminuzione del valore nominale dei salari e il caro-vita che riducono il potere di acquisto e le condizioni più restrittive per ottenere prestiti. Tutte queste ragioni hanno indotto i gestori ad essere meno ottimisti sugli Stati Uniti. Poco meno del 40% si aspetta una stabilità intorno agli attuali livelli, analogamente a chi prevede un rialzo (a giugno, questi ultimi erano il 45,8%).

Tokyo confida nei consumi

Nell’ultimo trimestre l’Msci Giappone ha perso circa il 9% in euro, facendo un po’ meglio dell’indice globale (-10,8%). Un gestore su due continua a dare fiducia al listino del Sol Levante, anche se la crescita economica risente del rallentamento della domanda in alcuni mercati strategici come gli Stati Uniti e la spesa per investimenti è frenata dall’alto costo delle materie prime. I manager mettono l’accento soprattutto sui segnali di miglioramento del potere di acquisto dei giapponesi, grazie anche all’annunciato incremento dei salari.

Rialzo spot per i tassi europei

I gestori sono convinti che l’aumento di 25 punti base dei tassi al 4,25%, deciso dalla Banca centrale europea all’inizio di luglio, non avrà un seguito. Il rallentamento dell’economia, infatti, finirà con il raffreddare le pressioni inflazionistiche. L’aspettativa di incremento dei saggi di riferimento ha causato un appiattimento della curva, per cui i titoli a due anni offrono lo stesso rendimento di quelli a dieci. Tuttavia, circa il 30% dei manager (erano l’8% a giugno) è convinto che le tensioni sui prezzi si allenteranno nei prossimi mesi, favorendo una risalita dei prezzi.

Fed ferma al 2%

La Federal Reserve ha lasciato i tassi invariati al 2% nella riunione di fine giugno, indicando chiaramente che il ciclo di tagli è terminato. Secondo alcuni gestori, l’istituto centrale procederà gradualmente a normalizzare la politica monetaria con lievi incrementi; secondo altri rimarrà in attesa perché la minor crescita economica raffredderà l’inflazione. Circa il 40% degli intervistati è convinto che i prezzi dei titoli obbligazionari americani non varieranno sensibilmente nella seconda parte dell’anno. Un altro 40% stima, invece, un calo.

Euro/dollaro senza sobbalzi

Negli ultimi mesi, il rapporto di cambio tra l’euro e il dollaro ha oscillato tra 1,54 e 1,58. I rendimenti obbligazionari sono saliti in modo analogo sulle due sponde dell’oceano producendo un effetto neutrale sulla moneta unica, che resta sopravvalutata. Il biglietto verde potrebbe apprezzarsi se la Fed alzerà i tassi per portarli su livelli “normali” e la Bce li ridurrà per sostenere l’economia. Nell’ultimo sondaggio, nessun gestore prevede un proseguimento della corsa dell’euro, mentre il 63,6% stima una ripresa del dollaro.

Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra l’1 e l’8 luglio, 23 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa l’80% degli asset gestiti in Italia. Si tratta di Aberdeen Am, Aletti Gestielle, American Express, Anima Sgr, Banca Profilo, Bnp Paribas Am, Clariden Leu, East Capital, Eurizon Capital, Euromobiliare Am, Fideuram asset management, Henderson Global Investors, Ing Im, Investitori, JC&Associati, Julius Baer, Maxos, Mps Am, Pioneer Im, Sella gestioni, Sgam, Total Return, Vontobel.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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