“L’idea di aggiungere altre materie prime nei portafogli sta tentando sempre più investitori”, scrive in uno studio Christine Benz, analista di Morningstar secondo cui, solo a maggio, i fondi legati all’energia e alle commodity sono riusciti a raccogliere 4 miliardi di dollari di nuovi asset.
“Del resto si tratta del tipo di investimento che dà tranquillità nei momenti di crisi del mercato immobiliare e di crescita dell’inflazione”.
Le stesse preoccupazioni sono state espresse da diversi money manager che hanno partecipato all’ultima Morningstar Conference di Chicago. Alcuni di quelli che hanno guadagnato di più con le materie prime, hanno deciso di intascare i profitti e investire in altri settori, come ad esempio nei farmaceutici. Dal punto di vista operativo, quindi, cosa conviene fare? “Indubbiamente le commodity rappresentano un ottimo mezzo di diversificazione” risponde Benz. “Tuttavia bisogna prima fare un attento check-up del portafoglio per capire cosa c’è dentro. Anche se un fondo non è specializzato sulle materie prime, magari ha all’interno già diverse aziende legate alle commodity perché il gestore ha deciso di seguire il trend di questi anni. Un metodo per scoprirlo è quello di verificare i rendimenti: se un portafoglio in particolare ha fatto meglio degli altri, ci sono buone possibilità che abbia seguito questa strada. Una eccessiva diversificazione, a questo punto sarebbe dannosa perché aumenterebbe in maniera incontrollabile la volatilità degli investimenti”.
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