Nel corso del primo semestre 2008, i fondi pensione di categoria hanno perso mediamente il 2,6%: indubbiamente meno dei listini azionari internazionali (-18,1% il calo dell’indice Msci World), ma senza reggere in confronto con i mercati obbligazionari (+0,77% l’indice JPM GBI nel semestre) e soprattutto con il Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) che, spinto in alto dall’aumento dell’inflazione, ha reso nello stesso periodo il 2,1%.
Il successo di queste linee può essere in parte spiegato dal fatto che accolgono per legge anche i cosiddetti “conferimenti taciti”, provenienti, cioè, dai lavoratori che non esprimono una volontà di dove destinare il proprio Tfr.
Le adesioni tacite ai fondi di categoria, infatti, nel trimestre marzo-giugno, sono state oltre 91mila, e 9.500 sono stati i nuovi iscritti a FondInps, il fondo pensione presso l’Inps che accoglie le iscrizioni provenienti da lavoratori taciti appartenenti a società con più di 50 dipendenti. Ma è anche significativa la percentuale di coloro che sono usciti dalle linee conservative, per legare i propri contributi previdenziali al tasso di rivalutazione offerto dal Tfr.
Che gli italiani siano tra gli investitori più avversi al rischio in Europa, è un dato che storicamente emerge da numerose fonti e sondaggi. Non sorprende, quindi, che soprattutto in materia previdenziale, la loro necessità di sicurezza emerga con più determinazione. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di ripetere più volte nel corso di queste pagine per i fondi comuni, anche l’investimento previdenziale va valutato nel lungo periodo e coerentemente con il proprio orizzonte temporale.
Chi ha diversi decenni di contribuzione davanti a sé non deve lasciarsi spaventare dalle oscillazioni procurate dalla volatilità di breve periodo. Inoltre, la contribuzione del Tfr maturando su base mensile o trimestrale, proprio come un piano di investimento programmato, risulta più efficiente soprattutto in fasi di oscillazioni e di cali, perché permette di entrare con gradualità sui mercati e a prezzi più bassi.
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