I fatti delle ultime due settimane sono senza precedenti. Come spiegano in un report Thomas Idzorek e Michele Gambera, rispettivamente direttore degli investimenti e capo-economista di Ibbotson Associates (gruppo Morningstar), il paradigma si è rovesciato e siamo passati dall’eccesso di liquidità all’insufficienza. Il panorama del settore finanziario sta cambia
ndo velocemente e ci sono grandi sfide all’orizzonte.
Cosa insegna il passato
L’analisi di Ibbotson mostra che i pesanti ribassi di Wall Street non sono solo storia recente. Dal 1926 al settembre 2008, l’S&P500, che include le società a maggior capitalizzazione, ha perso più del 10% (su un orizzonte di dodici mesi) il 13,4% delle volte. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: nello stesso periodo, l’indice ha guadagnato più del 30% una volta su cinque. Dunque, un investitore che nel 1926 avesse investito un dollaro, ora se ne troverebbe 2,6 (dedotti i costi, le tasse e l’inflazione).
Nel lungo termine, le azioni danno maggiori soddisfazioni delle obbligazioni. Non solo, la storia insegna che non conviene vendere quando il mercato tocca il fondo, perché le Borse tendono a reagire con eccessi al panico. Nelle ultime settimane, come spiega Maurizio Novelli, global strategist di Zest asset management, “tutti gli errori che si dovevano e si potevano evitare sono stati commessi, in una sequenza incredibile, con decisioni che hanno sorpreso i mercati e distrutto il lavoro svolto nel primo semestre dalle autorità monetarie Usa”.
Quali prospettive future
E’ inutile farsi illusioni, i prossimi mesi e probabilmente l’intero 2009 saranno difficili. L’America deve sanare le ferite di un debito diventato eccessivo a tutti i livelli: degli investitori che hanno contratto i mutui per comprare casa, sperando di rivenderla velocemente a un prezzo più alto, delle famiglie che hanno acquistato un appartamento senza poterselo permettere, delle istituzioni finanziarie che si sono indebitate per fare mutui di bassa qualità, delle aziende che hanno orchestrato operazioni speculative assetate di profitti e del governo che ha fatto troppo affidamento sugli stranieri per collocare i bond governativi.
Gli Stati Uniti stanno cercando una via di uscita, attraverso gli aiuti statali, il consolidamento settoriale e il rafforzamento del dollaro. Un biglietto verde forte è condizione essenziale per far arrivare flussi di capitali esteri a sostegno dell’economia e del settore finanziario perché il Paese non ha risparmio interno. In Europa, la Banca centrale ha lasciato invariati i tassi al 4,25% nella riunione di giovedì 2 ottobre, ma il presidente Jean-Claude Trichet ha aperto a un taglio. Inoltre, i governi sono intervenuti in soccorso degli istituti di credito in difficoltà (Fortis, Dexia, ecc.). Da più parti, però, si è levata la domanda di un’azione concertata delle autorità monetarie mondiali per lanciare un messaggio chiaro che restituisca fiducia ai mercati.
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