All’inizio di luglio il barile ha toccato il record storico di 150 dollari (il doppio rispetto all’anno precedente) grazie alla debolezza del dollaro e alla forte domanda da parte dei Paesi in via di sviluppo. Negli ultimi tre mesi, a causa del peggioramento della crisi mondiale che sta riducendo i consumi, il valore dell’oro nero è sceso del 50% arrivando sotto ai 70 dollari. Il gas naturale si è messo in scia, anche
se con un crollo meno pronunciato. “Questa altalena ha condizionato negativamente i titoli del comparto energetico: sia quelli che dipendono dalle valutazioni del petrolio e del gas come le società di trivellazione, sia quelle il cui business è meno correlato come le aziende di servizi del comparto”, spiega in uno studio David Kathman, analista di Morningstar. Un paio di esempi: National Oilwell Varco (servizi) fra aprile e giugno ha guadagnato il 52%, ma in quattro mesi ha lasciato per strada il 65%. Anadarko Petroleum da febbraio a maggio era salita del 32%. Da allora ha perso più del 50%.
Non tutto è perduto, comunque. “Questo andamento non è quello che gli investitori si devono aspettare nel lungo termine”, dice l’analista. “Presumibilmente il prezzo del petrolio, i titoli energetici e i portafogli che li contengono torneranno a crescere. Nel breve periodo, invece, se si hanno strumenti troppo concentrati in questo comparto bisognerà fare i conti con una forte volatilità”.
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