Gestori, ripresa ancora lontana

Attesi ulteriori tagli dei tassi in Europa, ma non negli Usa.

Sara Silano 13/11/2008 | 11:34
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I gestori sono un po’ meno pessimisti sulle Borse, ma non riescono a trovare buone ragioni per essere ottimisti. Secondo l’ultimo sondaggio, condotto tra 22 delle principali case di investimento che operano in Italia, la volatilità rimarrà alta a causa del rallentamento globale e della crisi creditizia, nonostante gli sforzi dei governi e degli istituti centrali a sostegno delle banche. Per questo motivo i portafogli sono difensivi e sovrappesano i settori non esposti al ciclo economico, in particolare i farmaceutici e le utilities. Inoltre, continua ad essere alta la percentuale di liquidità a discapito delle azioni, che sono state pesantemente penalizzate dalla crisi finanziaria, e delle obbligazioni, che offrono bassi rendimenti.

t: bold;">Europa aggrappata alla Bce
A ottobre, le Borse europee hanno toccato nuovi minimi dell’anno (-12,8% l’Msci Europe) a causa del peggioramento del quadro macro-economico, dell’aumento delle svalutazioni degli attivi di banche ed assicurazioni e della mancanza di liquidità nel sistema interbancario. Nella prima parte di novembre sono proseguite le vendite, anche se gli interventi governativi e delle autorità monetarie hanno dato un po’ di respiro ai mercati azionari. La Banca centrale europea ha deciso di tagliare i tassi due volte, portandoli al 3,25% e ora i gestori si aggrappano alla possibilità di nuove riduzioni, che potrebbero frenare la discesa. Per il 52% degli intervistati i listini potrebbero stabilizzarsi intorno agli attuali livelli nei prossimi sei mesi. Esiste, però, un 38% di ottimisti, che considera le attuali valutazioni dei titoli attraenti, in quanto gran parte delle cattive notizie sul fronte degli utili sono state incorporate nei prezzi.

Wall Street sente la crisi
Dall’inizio di ottobre, l’indice S&P 500 ha perso circa il 30% (all’11 novembre), condizionato dal ribasso dei titoli finanziari e dei settori ciclici (beni durevoli, tecnologia, ecc.). D’altra parte i dati macro-economici mostrano un quadro debole: nel terzo trimestre il Prodotto interno lordo è cresciuto solo dello 0,3%, frenato dalla contrazione dei consumi personali e dalla crisi del settore immobiliare. E a differenza della Bce, la Federal Reserve non ha grandi spazi per ridurre i tassi, già all’1%. Tuttavia, i gestori confidano sullo stato più avanzato della fase recessiva, per cui il numero di ottimisti (42,8%) è superiore a quello europeo. E’ analoga, invece, la percentuale di coloro che prevedono una stabilizzazione attorno agli attuali livelli a fronte di un’elevata volatilità.

Il Giappone e le sue contraddizioni
A novembre, la Borsa di Tokyo è stata quella che ha raccolto il maggior numero di consensi tra i gestori (62%), ma è anche il listino con una percentuale più alta di pessimisti (il 14,3% contro il 4,8% degli Stati Uniti e il 9,5% dell’Europa). L’economia del Sol levante è molto dipendente dalle esportazioni e quindi dai rapporti con i Paesi industrializzati e con le aree emergenti asiatiche. Di conseguenza, l’andamento della Borsa non sarà differente da quello dei mercati occidentali. I più scettici sottolineano che il rallentamento congiunturale ha colpito anche il Giappone, quindi è preferibile attendere chiari segnali di ripresa.

L’inflazione fa meno paura
La riduzione del prezzo del petrolio e delle materie prime ha allentato i timori di un aumento dell’inflazione. Per la Bce, ora, la principale preoccupazione è rappresentata dall’economia e molti gestori si attendono ulteriori tagli dei tassi di interesse. Questa prospettiva dovrebbe sostenere i prezzi delle obbligazioni per il 57,2% dei gestori. Sono diverse le prospettive per gli Stati Uniti, dove si prevede che la Federal Reserve rimarrà ferma nei prossimi mesi. Di conseguenza, il 42,8% dei fund manager prevede che i corsi dei bond non subiranno grandi variazioni, mentre il 38% si attende un calo.

Euro/dollaro senza scossoni
Le previsioni sul mercato dei cambi non sono mai facili, questo vale ancor di più oggi. Da un lato il peggioramento dello scenario economico in Europa ha favorito il dollaro; dall’altro gli Stati Uniti non hanno risolto i problemi di indebitamento che avevano alimentato la discesa del biglietto verde. Esiste, però, un altro aspetto da tenere in considerazione: il differenziale tra i tassi di interesse, che dovrebbe ridursi, svantaggiando la divisa comunitaria. Per queste ragioni il 47,6% dei gestori prevede che il rapporto di cambio continuerà ad oscillare attorno agli attuali livelli, mentre il 33% stima un apprezzamento del dollaro.

Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 4 e l’11 novembre, 22 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa l’85% degli asset gestiti in Italia. Si tratta di Aberdeen Asset Management, Aletti Gestielle, Allianz Global Investors, Anima Sgr, Axa IM, Banca Ifigest, Banca Profilo, Bipiemme Gestioni, Bnp Paribas Am Sgr, Eurizon Capital, Euromobiliare AM, Fideuram Investimenti, JC&Associati, Ing IM, Investitori Sgr, Julius Baer, MC Gestioni, Pioneer Im, Sella Gestioni, Standard Chartered Bank, Total Return, Vontobel.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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