L’indice Citi del comparto nell’ultimo mese (fino al 28 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato poco più del 2%. Le preoccupazioni sull’andamento della congiuntura sono aumentate negli ultimi giorni, quando sui media americani sono circolate indiscrezioni secondo cui la Federal Re
serve avrebbe chiesto a Bank of America e Citigroup di procedere a un aumento di capitale. La richiesta sarebbe il risultato degli stress test effettuati dalla Banca centrale americana sulla solidità di 19 istituti di credito Usa i cui risultati dovrebbero essere resi noti all’inizio di maggio. Se la notizia venisse confermata, significherebbe che la situazione degli istituti americani (i più colpiti dalla crisi degli ultimi due anni), è ancora traballante. E con essa la possibilità di recupero dell’economia americana e, a rotazione, di quella mondiale.
Dal punto di vista operativo, gli analisti consigliano di mettere in portafoglio obbligazioni dei Paesi emergenti. “A prima vista può sembrare una strategia rischiosa”, spiega uno studio firmato da William Rocco, analista di Morningstar. “Ma, se andiamo a vedere i numeri e ragioniamo con un’ottica di lungo periodo, ci rendiamo conto che i bond dei Paesi in via di sviluppo, oltre ad essere un ottimo strumento di diversificazione, sono meno pericolosi di quello che appaiono. Negli ultimi 10 anni i fondi di investimento specializzati sui mercati emergenti hanno avuto un rendimento medio del 10% che diventa 9% se il calcolo si fa sui 15 anni. Negli stessi periodi, i portafogli concentrati sulle azioni degli Stati in via di sviluppo hanno dato ritorni, rispettivamente, dell’8 e del 3%”.
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