La crisi durerà. Lo dicono i bond

Con il virus aumentano le incertezze. Agli investitori piace ancora l'asset più sicuro.

Marco Caprotti 28/04/2009 | 16:35
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Le incertezze sullo stato di salute dell’economia mondiale continuano a tenere vivo l’interesse per le obbligazioni. E, come se non bastassero le notizie contraddittorie sulle possibilità di ripresa della congiuntura globale, a spingere ancora di più gli investitori sull’asset tradizionalmente considerato più sicuro, si è messo anche il dilagare dell’epidemia di influenza suina che, partita dal Messico dove ha già fatto più di 150 vittime, è già arrivata in Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada e Spagna.

L’indice Citi del comparto nell’ultimo mese (fino al 28 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato poco più del 2%. Le preoccupazioni sull’andamento della congiuntura sono aumentate negli ultimi giorni, quando sui media americani sono circolate indiscrezioni secondo cui la Federal Re

serve avrebbe chiesto a Bank of America e Citigroup di procedere a un aumento di capitale. La richiesta sarebbe il risultato degli stress test effettuati dalla Banca centrale americana sulla solidità di 19 istituti di credito Usa i cui risultati dovrebbero essere resi noti all’inizio di maggio. Se la notizia venisse confermata, significherebbe che la situazione degli istituti americani (i più colpiti dalla crisi degli ultimi due anni), è ancora traballante. E con essa la possibilità di recupero dell’economia americana e, a rotazione, di quella mondiale.

Il rendimento del Tbond con scadenza decennale è sceso di un punto base, arrivando al 2,89%. La situazione è simile in Europa dove lo yield dei Bund (i governativi tedeschi utilizzati come pietra di paragone per il Vecchio continente) è arrivato ai livelli minimi da più di un mese, scendendo di tre punti base all’1,32%. Al di là degli eventi di lungo termine, dicono comunque gli operatori, a condizionare il mercato del debito c’è l’eccesso di offerta da parte degli Stati che stanno cercando di finanziare i piani di stimolo economico messi in campo contro la crisi economica mondiale. Secondo le ultime stime solo quest’anno in Eurolandia ci saranno emissioni per la cifra record di 824 miliardi di euro.

Dal punto di vista operativo, gli analisti consigliano di mettere in portafoglio obbligazioni dei Paesi emergenti. “A prima vista può sembrare una strategia rischiosa”, spiega uno studio firmato da William Rocco, analista di Morningstar. “Ma, se andiamo a vedere i numeri e ragioniamo con un’ottica di lungo periodo, ci rendiamo conto che i bond dei Paesi in via di sviluppo, oltre ad essere un ottimo strumento di diversificazione, sono meno pericolosi di quello che appaiono. Negli ultimi 10 anni i fondi di investimento specializzati sui mercati emergenti hanno avuto un rendimento medio del 10% che diventa 9% se il calcolo si fa sui 15 anni. Negli stessi periodi, i portafogli concentrati sulle azioni degli Stati in via di sviluppo hanno dato ritorni, rispettivamente, dell’8 e del 3%”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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