In tutto si tratta dell’equivalente di circa 557 miliardi di euro, spesi per fornire un po’ di ossigeno a imprese a famiglie, ma anche per dare una mano agli altri Paesi dell’area che per il Giappone rappresentano un mercato interessante per le esportazioni e per la fornitura di materie prime. Le vendite di apparecchi elettronici made in Japan, negli ultimi 30 giorni
secondo la società di marketing Gfk Service sono salite del 18%. Il colosso dell’acciaio Nippon Steel ha annunciato di utilizzare la sua principale fornace al 60% rispetto al 50% precedentemente stimato. In generale, le imprese giapponesi hanno aumentato la produzione a un tasso che non si vedeva da 56 anni, mentre i fallimenti sono arrivati al livello minimo degli ultimi 11 mesi. “La risposta giapponese alla crisi va valutata nel lungo termine”, spiega uno studio della società di consulenza Oxford Analytica. “Alcuni investimenti sono stati fatti per rispondere alle problematiche ambientali, mentre altri sono stati utilizzati per migliorare le infrastrutture”.
Qualche segnale in questo senso si inizia a vedere. Le vendite della Nissan nel Paese del drago, in un mese sono cresciute del 37%. Nel frattempo c’è attesa per la pubblicazione, settimana prossima, dell’indice Tankan (che misura la fiducia delle maggiori imprese del Paese) da parte della Banca del Giappone. Secondo un panel di analisti interpellati da Bloomberg l’indicatore potrebbe passare dal -58 registrato a marzo (minimo da record) a -43. Se la previsione verrà rispettata, spiegano gli operatori, significa che il peggio per il Sol levante è alle spalle.
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