Mentre la disoccupazione è arrivata ai massimi degli ultimi 26 anni, rispetto ai minimi
toccati il 9 marzo l’indice S&P500 (dove sono raccolte la maggior parte delle aziende finanziarie Usa), pur in un contesto di forte volatilità, ha guadagnato il 30%. Tuttavia è ancora presto per vedere il Toro scorazzare per Wall Street. “I segnali che arrivano dal fronte congiunturale sono contradditori”, continua Kathman. “Anche le previsioni più ottimistiche prendono in considerazione una recessione che durerà almeno fino alla fine di quest’anno. La possibilità di un ritracciamento simile a quello registrato nelle ultime settimane è reale, soprattutto se dovessero arrivare altre cattive notizie macro”. L’ultima rilevazione dell’indice Reuters/University of Michigan (misura la fiducia dei consumatori) ha fatto segnare 64,6 rispetto al 70,8 di giugno. Nel periodo di espansione congiunturale, iniziato alla fine del 2001 e chiuso nel dicembre 2007, l’indice aveva registrato, in media, un valore di 89,2.
Dal punto di vista operativo, il consiglio è quello di tenersi alla larga da quelle azioni che negli ultimi mesi sono state più calde. La storia, infatti, insegna che sono quelle più a rischio, così come successo nel 1999-2000 al comparto tecnologico e, più recentemente ai titoli growth. Questo asset era fra i favoriti alla fine del 2007, ma ha dimostrato tutta la sua fragilità all’inizio del 2008 quando è diventato evidente che gli Stati Uniti avevano imboccato la via della recessione.
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