In questa sezione affrontiamo il tema di quanto costi al soggetto interessato riportare i capitali in Italia.
Determinazione dell’imposta straordinaria
La base imponibile è rappresentata dal rendimento presunto determinato in ragione del 2 per cento annuo per un periodo di cinque anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione, senza possibilità di scomputo di eventuali perdite.
L’imposta straordinaria si applica ad un imponibile corrispondente al 10 per cento del valore delle attività che si intende far emergere. A tale redditività presunta è applicata un’aliquota secca del 50%, comprensiva di interes
si e sanzioni e senza diritto allo scomputo di eventuali ritenute o crediti, il che comporta, in sostanza, l’applicazione di un’aliquota del 5% sul valore delle attività emerse .
Si ritiene che non sia possibile per il contribuente dimostrare che l’illecita detenzione delle attività estere sia avvenuta per un periodo inferiore a cinque anni, né che le attività abbiano prodotto redditi inferiori a quelli presunti.
Il pagamento dell’imposta straordinaria dovrà avvenire in denaro e non risulta né deducibile né compensabile, ai fini di alcuna imposta, tassa o contributo.
Il valore delle attività emerse
Ai fini dell’indicazione dell’ammontare delle attività finanziarie, non è richiesta l’adozione di criteri specifici di valorizzazione.
Nell’ambito della dichiarazione riservata il contribuente può dunque scegliere, ad esempio, di assumere il costo storico (prezzo a suo tempo corrisposto per l’acquisto dell’attività finanziaria), il suo valore corrente (valore di mercato) ovvero un valore intermedio fra i due.
Ad esempio:
- costo storico = 100
- valore corrente = 120
In questo caso sarebbe possibile assumere un valore al massimo pari a 120.
Laddove, fermo restando il costo storico pari a 100, il valore corrente fosse pari ad 80, sarebbe possibile assumere un valore al massimo pari a 100.
Relativamente all’ammontare del denaro e delle attività finanziarie espresse in valuta, occorre indicare il valore in euro convertito utilizzando i cambi delle valute estere, indicati in apposito
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Per la regolarizzazione di attività non finanziarie (oggetti d’arte, gioielli, immobili), l’Agenzia delle Entrate ritiene necessaria la redazione di una perizia di stima al fine di conferire maggiore attendibilità al valore dei beni.
Il costo fiscalmente riconosciuto delle attività finanziarie
Il contribuente deve assumere quale costo fiscalmente riconosciuto a tutti gli effetti (compresa la determinazione di eventuali futuri redditi di capitale o capital gain) delle attività finanziarie diverse dal denaro, il costo storico d’acquisto.
E’ tuttavia consentito, in mancanza della citata documentazione, di utilizzare alternativamente due diversi criteri di valorizzazione e segnatamente:
1. il valore comunicato all’intermediario mediante una apposita dichiarazione sostitutiva (autocertificazione ai sensi dell’art. 6, comma 3, del DLGS n. 461/1997). Il valore fornito all’intermediario non può superare il limite del valore normale stabilito dall’art. 9 del Tuir (vale a dire il valore di mercato dell’attività finanziaria);
2. l’importo risultante dalla “dichiarazione riservata”.
Ad esempio, dato un valore di mercato pari a 120:
- costo storico di acquisto comprovato da documentazione = 100
- valore autocertificato = 120
- valore indicato nella dichiarazione riservata = 110
In questo caso andrà comunque assunto come valore fiscalmente riconosciuto il valore di 100.
Laddove invece:
- costo storico di acquisto non comprovato da documentazione = 100
- valore autocertificato = 120
- valore indicato nella dichiarazione riservata = 110
risulta possibile assumere il valore di 110 o di 120.
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