Il 2009 delle banche emergenti

Il settore ha voltato pagina. Bene gli istituti finanziari dei Paesi in via di sviluppo.

Marco Caprotti 28/12/2009 | 15:42
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Il comparto finanziario non si può certo lamentare se si considera l’aria che ha tirato nel 2009, il. L’indice Msci World/Financials nell’ultimo mese (fino al 25 dicembre e calcolato in euro) è rimasto praticamente invariato mentre da inizio anno ha guadagnato il 26,7%. “Una performance di tutto rispetto se si considera che questo settore è stato il principale responsabile della crisi scoppiata con i subprime ed è stato quello tenuto maggiormente sotto osservazione, anche per la sua diretta correlazione con l’economia”, spiega uno studio firmato da Erin Davis, analista di Morningstar.

“La crisi dei mercati, tuttavia, è stata utile. Ha permesso di fare un po’ di ordine nel comparto. Ci sono state banche più prudenti che hanno guadagnato quote di mercato, mentre quelle che avevano

preso più rischi hanno tremato ed alcune sono addirittura fallite”. In questo senso gli istituti finanziari dei Paesi emergenti, di solito considerati un asset volatile si sono dimostrate una sorpresa. “In molti casi hanno fatto meglio delle loro cugine dei mercati sviluppati”, continua Davis.

Gli esempi vengono dal Brasile dove due delle maggiori banche private (Itaù e Bradesco) hanno registrato RoE (return on equity, un indicatore di profittabilità) del 20% che, con una ripresa sostenuta dell’economia potrebbe arrivare al 25%. “Il Paese latino-americano già dal secondo trimestre ha dato segni di risveglio, grazie soprattutto alla crescita della domanda interna”, continua il report. “Secondo noi lo sviluppo di una classe media che chiederà nuovi prodotti finanziari sarà un terreno fertile per il sistema bancario del Paese”.

E’ andata decisamente peggio all’Inghilterra che fino a prima della crisi portava il proprio sistema bancario come un fiore all’occhiello. “La debole situazione congiunturale della Gran Bretagna sta zavorrando le maggiori banche del Paese”, dice lo studio di Morningstar. Il Pil inglese nel 2009 dovrebbe aver registrato una contrazione del 4,6%, con inevitabili ripercussioni sui bilanci degli istituti di Sua maestà. “Anche in questo caso comunque ci sono delle differenze”, precisa Davis. “Hsbc, ad esempio, dovrebbe avere una situazione migliore rispetto all’anno scorso, grazie soprattutto alla diversificazione geografica. Il fatto di avere importanti investimenti in Cina, le permetterà di comunicare numeri più floridi”.

Più complessa la situazione in Giappone. “I maggiori istituti nipponici stanno registrando un ritorno alla profittabilità, ma temiamo che presto inizieranno a commettere i soliti errori”, scrive Davis. “Nei mesi scorsi sono stati lodati per essersi tenuti lontani dai subprime e, in generale, dai prodotti rischiosi. Il perdurare della crisi, tuttavia, li ha spinte a chiedere sempre nuovi capitali al mercato attraverso emissioni obbligazionarie. E non siamo sicuri che una situazione del genere possa dare stabilità ai bilanci, soprattutto quando questi prestiti arriveranno a scadenza”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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