Riflettendo sulla crisi finanziaria del 2008, molti investitori avranno realizzato che erano troppo concentrati sull’azionario e che un portafoglio bilanciato tra azioni e obbligazioni avrebbe potuto mitigare considerevolmente le loro perdite. Molte asset class sono sprofondate nel periodo nero del 2008, nel bel mezzo della crisi globale, ma non bisogna dimenticare che, in un profondo processo di “flight to safety”, abbiamo assistito ad una esplosione nella domanda di titoli di Stato.
Confidiamo che la maggior parte dei 6,3 miliardi di euro di nuovi asset coinfluiti negli Etf obbligazionari nel corso del 2009 non siano solo frutto della rincorsa alle performance. Tuttavia, sulla base delle nostre conoscenze sul comportamento dell’investitore tipico, non è poi così improbabile che il panico e la paura abbiano spinto notevoli flussi verso Etf e fondi comuni obbligazionari (secondo la European Fund and Asset Management Association, nel corso di novembre 2009, i fondi obbligazionari hanno raccolto 71,9 dei 139,4 miliardi di euro totali, relativi ai flussi in entrata dei fondi aperti conformi Ucits). Durante il corso dell’anno, molti provider di Exchange traded fund hanno lanciato nuovi prodotti per venire incontro alla crescente domanda di fondi a reddito fisso.
Ora, con i riflettori puntati sui rischi intrinsechi dell’investimento obbligazionario, qualcuno sta teorizzando che i flussi dovrebbero abbandonare gli Etf e i fondi comuni obbligazionari e ricercare rendimenti maggiori in altri lidi. La nostra visione, invece, predilige un investimento obbligazionario che si collochi in una strategia di asset allocation di lungo periodo, piuttosto che tentare di sfruttare il giusto timing di entrata e uscita.
A questo proposito, David Rosemberg, economista di Gluskin Sheff, afferma che le divergenze attuali tra i flussi in entrata azionari e obbligazionari potrebbero continuare ancora a causa di ciò che egli stesso definisce “il cambiamento secolare nel comportamento”. In un report del primo dicembre 2009, Rosemberg sosteneva che meno del 7% degli asset delle famiglie era investito in bond, il 25% era in azioni e il 30% in investimenti immobiliari. Sulla spinta dell’invecchiamento demografico, Rosemberg crede che gli investitori continueranno a scivolare verso il reddito fisso, accettuando ulteriormente la divergenza trai i flussi azionari e obbligazionari. Per essere chiari, offriamo qui il punto di vista di Rosemberg solo a scopo informativo.
In ogni caso, gli enormi flussi confluiti nei fondi obbligazionari ci portano a riflettere sulla differenza tra possedere quote di un fondo comune obbligazionario e possedere una singola obbligazione. Naturalmente, gli investitori che stanno solo parcheggiando il proprio capitale nel mercato a reddito fisso dovrebbero preferire gli Exchange traded fund, grazie alla loro superiore liquidità. Quegli investitori che, invece, guardano al mercato obbligazionario in un’ottica di lungo periodo dovrebbero essere consapevoli dei pro e dei contro di possedere un’obbligazione piuttosto che un Etf obbligazionario.
Quando un Etf investe in azioni, i titoli che lo compongono conservano le caratteristiche del mercato azionario. Al contrario, possedere un replicante obbligazionario è molto diverso da possedere un titolo qualsiasi tra quelli che lo compongono. I bond facenti parte di un Etf non si comportano più come bond normali. Spiegato semplicemente, i bond hanno scadenze temporali, mentre gli Etf no. È quindi importante ricordare che il tasso d’interesse di un determinato bond scende con l’avvicinarsi della scadenza. Un Etf obbligazionario, invece, mantiene il rischio di tasso d’interesse sempre costante. Questo può rappresentare un punto critico per gli investitori.
Un esempio potrebbe aiutare la comprensione di questo aspetto. È pratica comune investire in portafogli obbligazionari disegnati con specifiche scadenze. Questo ha senso per quelli che programmano un evento futuro per disinvestire, come l’acquisto di una casa, o che attendono semplicemente l’arrivo della scadenza prestabilita. Il prezzo che oscilla a seconda dei movimenti del tasso d’interesse è una preoccupazione relativa per questo tipo di investitore, il quale conosce già il rendimento alla scadenza, sempre a condizione che il creditore sia solvibile.
Nonostante il nostro team di ricerca possa a volte presentare delle preferenze sulle strutture degli Etf, siamo consapevoli che esistono scenari che spesso favoriscono determinate strutture. Pensiamo che, in molti casi, gli Etf obbligazionari siano più adatti a coprire un ruolo di player complementare, magari tra il 10 e il 30% dell’esposizione obbligazionaria dell’investitore. La restante esposizione a reddito fisso, di conseguenza, potrebbe essere composta da obbligazioni individuali con scadenze specifiche e adatte all’investitore.
Per misurare la sensibilità ai movimenti del tasso d’interesse di un bond o di un Etf obbligazionario, gli investitori dovrebbero fare riferimento a un concetto dal nome di modified average duration (duration media modificata). Ad esempio, se il tasso d’interesse salisse improvvisamente dell’1%, ci si aspetterebbe una corrispondente discesa del 10% di un Etf obbligazionario con una duration di 10 anni. La caduta del prezzo del bond compensa il fatto che le nuove emissioni offrirebbero un rendimento superiore a causa dell’aumento del tasso d’interesse.
Ancora una volta è importante distinguere gli investitori in cerca di un parcheggio temporaneo e quelli che usano gli Etf come parte della propria strategia di asset allocation a lungo periodo. Noi siamo dell’idea di scoraggiare il secondo gruppo (esposizione a lungo termine) dal provare a lucrare utilizzando la propria esposizione a reddito fisso, sfruttando il giusto timing di entrata e uscita dal mercato. Con un orizzonte temporale superiore a cinque anni, consigliamo gli investitori semplicemente di mantenere la propria posizione sugli Etf obbligazionari.
La ragione risiede nel fatto che l’indice sottostante si aggiusterà automaticamente nel corso del tempo per mantenere la maturity di riferimento. Visto che il portafoglio degli Etf si ricostituisce, aggiungerà titoli a rendimento superiore (con stessa maturiy) man mano che diventano disponibili. Perciò, dopo un rallentamento iniziale, il total return dell’Etf dovrebbe migliorare gradualmente insieme alla porzione di portafoglio dedicata ai titoli ad alto reddito.
Quindi, la maggior parte degli investitori farebbe sicuramente meglio a mantenere la propria esposizione nel corso del tempo. Le strategie market-timing sono notoriamente complesse e difficili. Inoltre, i costi di transazione a cui si andrebbe incontro rischierebbero di abbassare notevolmente i rendimenti. Al posto di inseguire le performance o il giusto market-timing, siamo convinti che gli investitori con una propensione di lungo termine dovrebbero sfruttare le opportunità a breve per ribilanciarsi.
Sarà interessante vedere come si comporterà la domanda per gli Etf obbligazionari nel 2010. Probabilmente non rivedremo gli ingenti flussi del 2009, guidati in gran parte dalla paura. In ogni caso, se la tesi di Rosemberg dovesse rivelarsi fondata, la domanda degli investitori orientati al lungo periodo potrebbe portare flussi d’entrata netti negli Etf obbligazionari.
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