Investimenti geneticamente modificati

Basf si lancia negli Ogm con la patata Amflora. Ma il leader resta Monsanto.

Marco Caprotti 25/03/2010 | 10:40
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Ci voleva una patata per tornare a parlare di prodotti geneticamente modificati. E, dal punto di vista operativo, di quali opportunità offra questa nicchia dell’Agribusiness. Il tubero in questione si chiama Amflora, è realizzato dal gruppo chimico tedesco Basf e dal 2 marzo di quest’anno ha ottenuto dall’Unione europea il via libera alla coltivazione.

Subito si è scatenato il dibattito sul suo consumo e sulla sua salubrità. Una questione di lana caprina, dicono gli esperti. Prima di tutto perché, secondo i dati di OGM Compass (una società che si occupa di informazioni sui prodotti geneticamente modificati) solo una patata “tradizionale” su quattro fra tutte quelle coltivate nel Vecchio continente viene normalmente utilizzata come alimento per l’uomo. Il resto è destinato alla nutrizione degli animali o alla produzione di amido ed altri elementi utilizzati dall’industria chimica. Nel caso di Amflora, inoltre, si parla di un prodotto studiato appositamente per il settore della carta e della cosmetica a cui serve un addensante (in questo caso l’amido) privo di uno dei due elementi che lo compongono: l’amilosio. Quello che resta (e che interessa a diversi comparti industriali) è l’amilopectina, un prodotto costoso da ricavare, tanto che di solito si lavora sull’intero amido per cercare di ridurre la sua tendenza a gelificare.

La leadership di Monsanto
Messe da parte le questioni etico-scientifiche gli analisti finanziari hanno ricominciato a domandarsi quali siano le potenzialità di questo comparto per un investitore, in un momento in cui l’Agribusiness, dopo il calo registrato nel 2008 a causa della crisi mondiale, sembra aver trovato l’antico smalto. L’indice Msci del settore negli ultimi 12 mesi (fino al 24 marzo e calcolato in euro) ha guadagnato il 40,3%, mentre in un mese ha segnato +4% circa. Leader indiscussa di questo segmento è l’americana Monsanto. “Anche perché il mercato degli Ogm lo hanno inventato loro un decennio fa”, dice Ben Johnson, analista di Morningstar, che sul titolo ha un giudizio di cinque stelle (equivalenti a un rating di buy, acquistare) e un obiettivo di prezzo a 122 dollari (il titolo in questi giorni viene trattato intorno a 73 dollari). “Il gruppo ha diversi punti di forza. Il primo è la ricerca, nella quale ogni anno investe il 10% del suo fatturato”. Tanto che i possibili concorrenti, fra cui la stessa Basf, sono costretti a chiedere il suo aiuto per sviluppare i propri prodotti. Un altro elemento di vantaggio sul resto del mercato è la sua capacità di distribuzione. “E’ sempre stata in grado di anticipare i cambiamenti della domanda e di dotarsi della tecnologia necessaria”, continua Johnson.

In attesa della semestrale
In questo modo è riuscita ad aumentare la sua quota nel mercato del granoturco in Nord America (il più grande del mondo), portandola dal 10% del 2001 al 26% del 2008. Nel frattempo ha portato avanti una massiccia campagna di acquisizioni, mettendosi in casa possibili concorrenti pericolosi e nuove piattaforme tecnologiche. Dal punto di vista dei bilanci, quelli del primo trimestre fiscale non sono incoraggianti. Nel periodo ha registrato una perdita di 19 milioni di dollari contro un utile di 556 milioni nello stesso periodo dell’esercizio precedente. “I risultati del primo trimestre, tuttavia, di solito non condizionano l’intero anno del gruppo”, precisa l’analista di Morningstar. Per avere una visione un po’ più precisa bisognerà aspettare il 7 aprile, quando Monsanto comunicherà i dati relativi al primo semestre.

Ci provano anche i tedeschi
Più complesso il discordo per quanto riguarda Basf. L’Agribusiness, infatti, rappresenta solo uno dei segmenti in cui opera il gruppo tedesco (altri sono la chimica, la plastica e l’oil&gas). “Questa diversificazione rappresenta uno dei suoi punti di forza perché le permette di lavorare in molti settori”, spiega uno studio di Annie Sorich, analista di Morningstar che consiglia di tenere il titolo in portafoglio. Nel 2009 la società ha registrato un utile di 51 miliardi di euro, in calo del 19% rispetto all’anno precedente. “A pesare, è stato soprattutto il cattivo andamento del comparto auto che ha rallentato tutte le aziende fornitrici”, continua l’analista. “La graduale ripresa della congiuntura mondiale, tuttavia, farà bene anche a Basf già a partire dal 2010. Per i prossimi sei anni, ci attendiamo una crescita media del fatturato del 2,4%”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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