A Wall Street c’è chi ha già avvistato il Toro. L’ottimismo, spiegano gli operatori, è evidente dall’andamento degli indici. Il paniere Msci North America nell’ultimo mese (fino al 6 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato il 6,2%, portando a +14,5% la performance da inizio anno, a cui va aggiunto il +22,3% segnato l’anno scorso.
Lo scenario macroeconomico che sta emergendo dagli ultimi dati congiunturali, a parte alcune scivolate, sembra dare ragione a chi vede rosa. Fra gli ultimi dati rilasciati dal Dipartimento del lavoro ci sono quelli relativi alla creazione di posti a marzo che vedono una crescita di 162mila unità rispetto al mese precedente. “Si tratta del salto più alto da quando è cominciata questa crisi”, spiega uno studio di Robert Johnson, analista di Morningstar. “La cosa più importante, è che c’è stato un recupero sul fronte occupazionale per tre mesi su cinque. I due periodi rimanenti hanno invece mostrato una contrazione minima”. Una spinta all’entusiasmo era già arrivata dall’indice Ism (Istitute for supply management) del settore manifatturiero che, sempre il mese scorso, aveva mostrato una crescita di 59,6 punti: il progresso migliore da luglio 2004. “L’elemento interessante, in questo caso, è che hanno mostrato segni di miglioramento 17 comparti industriali su 18”, continua Johnson.
Il mercato ha saputo anche sfruttare l’onda dei risultati aziendali del quarto trimestre 2009 cresciuti, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 5,6%. Anche se, va precisato, una parte di questo miglioramento (come ammesso peraltro dagli stessi top manager della corporate America), è da attribuire ai piani di stimolo economico messi in campo dall’amministrazione Usa che sono stati in grado di far crescere la domanda. “Secondo le indicazioni che stanno arrivando”, dice ancora l’analista di Morningstar, “anche le trimestrali di inizio 2010 potrebbero riservare delle belle sorprese”.
Se tutti questi numeri dovessero trovare conferma nelle prossime tornate di dati, quindi, sarebbe lecito aspettarsi un buon progresso del Pil che, secondo Johnson, per quest’anno potrebbe salire del 4% (al netto dell’inflazione). “Si tratterebbe di un risultato superiore a quello registrato dopo le recessioni del 1990 e del 2001, anche se sarebbe un po’ al di sotto del 5% medio segnato in tutte le fasi di recupero dopo la fine della Seconda guerra mondiale”, si legge nel report.
Uno degli elementi da tenere d’occhio sono i consumi interni, che rappresentano il 70% dell’economia americana. “La mia opinione è che, se anche la domanda domestica dovesse latitare, al momento i magazzini delle aziende sono praticamente al minimo”, spiega a questo riguardo Johnson. “Le aziende quindi, seppur a ritmo blando, alla luce di una ripresa che appare sempre più in vista, devono continuare a lavorare. Se poi la domanda dovesse essere maggiore delle attese, allora si innescherebbe un processo a volano che darebbe ulteriore spinta alla congiuntura”.
Esistono tuttavia dei rischi. Il più grande è rappresentato dagli stipendi delle famiglie, soprattutto in rapporto a una ripresa dell’inflazione che, di solito, si accompagna ai momenti di risveglio economico. “Nel 2009 il salario orario non è cresciuto, ma ci trovavamo anche in uno scenario inflattivo stabile”, conclude l’analista di Morningstar. “Nel 2010, invece, mentre le buste paga non si gonfiano, i prezzi (soprattutto nel settore energetico) stanno ricominciando a correre. Questi due elementi dovranno essere monitorati in continuazione”.
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