Se pensate ai pirati e ai corsari immaginando le avventure eroiche e romantiche raccontate nei libri di Emilio Salgari o nei film, dimenticate tutto. I nuovi predoni dei mari che in questi anni stanno infestando le coste dell’Africa e dell’Arabia sono decisamente più crudeli e meno poetici di quelli che la leggenda e il cinema ci hanno tramandato sui loro predecessori. Su una cosa però sono simili: attaccano carichi pieni d’oro (ai giorni nostri quello nero) e chiedono ingenti riscatti per gli equipaggi catturati.
Lo sa bene la società petrolifera Valero Energy che, all’inizio di aprile, si è vista sequestrare dai pirati un cargo partito dall’Iraq e diretto alle sue raffinerie americane con a bordo 2 milioni di barili di greggio. Il gruppo, quotato alla Borsa di New York dove il titolo alla notizia non ha subito particolari oscillazioni, in realtà non si è preoccupato molto: il carico era assicurato e Valero aveva il tempo e i mezzi per rimpiazzare il carico perduto. A sudare freddo sono stati i vertici della Samho Shipping, la società coreana armatrice della petroliera. La Corea del Sud ha mandato le sue navi militari per intercettare il cargo prima che i pirati lo portassero in uno dei loro covi, ben sapendo che poco poteva essere fatto. Un conflitto a fuoco, infatti, avrebbe trasformato la nave in una bomba. Liberare l’imbarcazione e il suo equipaggio costerà all’armatore circa 3 milioni di dollari: più o meno quello che si spende per rimettere in efficienza una petroliera. In base ad alcune stime del governo della Somalia (peraltro tutte da verificare) nel 2009 ai pirati che infestano le coste dello Stato africano sono stati pagati riscatti per un totale di 150 milioni di dollari. Secondo uno studio della società di consulenza per la sicurezza RandSand Group, la pirateria a livello mondiale, provoca alle società di trasporti e ai loro clienti una perdita annua di 1 miliardo di dollari.
“Sembrano un mucchio di soldi”, spiega il report. “Ma è solo una goccia per un comparto come quello dei trasporti marittimi che vale 7mila miliardi di dollari all’anno”. E’ una cifra abbastanza alta, tuttavia, per risvegliare l’attenzione della società di assicurazione. Prima del boom della moderna pirateria, compagnie come i Lloyd’s non avevano ragione per aumentare i premi per la cosiddetta “copertura dai rischi di guerra” (la voce sotto la quale cade la pirateria). Oggi, invece, le società di navigazione spendono circa 400 milioni di dollari l’anno per coprirsi da questi pericoli, la cui probabilità è peraltro molto bassa: circa l’1% (ogni anno ci sono 200 attacchi per ogni 20mila viaggi commerciali lungo le coste somale). Questo si trasforma in un costo assicurativo supplementare di 20 mila dollari per ogni trasporto.
Per le grandi petroliere la spesa è vicina ai 100mila dollari per viaggio: 75mila per i rischi di guerra più 20mila per una polizza da 5 milioni che copra rapimenti e riscatti. “Insomma, per le compagnie assicurative, la pirateria è un buon affare”, continua lo studio di RandSand. I costi, peraltro, non sono un grosso problema neanche per gli armatori, visto che, almeno in parte, vengono scaricati sui clienti. La danese Maersk (il cui titolo è quotato a Copenhagen) applica una sovrattassa che va dai 20 ai 40 dollari (a seconda delle dimensioni del carico) per ogni sua nave che passa nelle regioni infestate dai pirati. “Non è solo una questione di soldi”, spiega un report firmato da Neil MacNaughton della società di brokeraggio assicurativo Willis Group (WG, quotata a New York). “Si tratta anche di evitare il cosiddetto effetto paura”. Molti marinai preferiscono rinunciare a un viaggio piuttosto che navigare in acque pericolose”.
Senza contare le richieste di danni. Un membro dell’equipaggio della Maersk Alabama ha denunciato l’armatore chiedendo un risarcimento danni di 75mila dollari dopo aver passato mesi prigioniero dei predoni. L’accusa mossa al gruppo è quella di non aver prestato sufficiente attenzione alle procedure di sicurezza. Anche per questo i consulenti della WG hanno preparato una polizza particolare che permette uno sconto fino al 50% per quelle società di navigazione che investono nella sicurezza dell’equipaggio.
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