L’attesa per l’approvazione della riforma sanitaria americana e quella per la stagione delle trimestrali hanno convinto gli investitori del pharma a rimanere alla finestra. L’indice Msci del settore nell’ultimo mese (fino al 20 aprile e calcolato in euro) ha perso quasi lo 0,6% anche se da inizio anno è cresciuto di circa l’8%.
“Con il via libera definitivo alla legge che cambia radicalmente la sanità Usa molte delle incertezze che hanno pesato sul settore nell’ultimo anno sono definitivamente sparite”, spiega uno studio di David Kathman, analista di Morningstar. Buttando lo sguardo in avanti gli investitori dovranno valutare quali effetti il provvedimento avrà sui singoli titoli visto che ogni sotto-comparto reagirà in maniera diversa. “I produttori farmaceutici e le società di biotecnologie dovrebbero essere fra i principali beneficiari”, continua lo studio. “I primi potranno vendere i medicinali a nuovi pazienti che prima non erano assicurati, mentre le seconde avranno tutto l’interesse a mettere sul mercato i brevetti che fino ad ora tenevano nel cassetto. Buoni affari dovrebbero fare anche i distributori e le catene di farmacie che aumenteranno i volumi di vendita. Più difficile è prevedere cosa succederà ai produttori di apparecchi medicali”.
Gli operatori, intanto, stanno ragionando sui numeri che stanno uscendo in questa tornata di trimestrali. Fra le più attese c’era quella del leader mondiale di mercato Johnson&Johnson che, nei primi tre mesi del 2010, ha registrato una crescita dell’utile del 29% rispetto ai 3,5 miliardi di dollari dell’anno scorso. Il risultato ha superato anche le attese degli analisti che si attendevano un risultato più contenuto alla luce della scadenza dei brevetti di due preparati cosiddetti blockbuster (così sono chiamati i medicinali che vendono di più). E’ stata una trimestrale con il botto quella di Novartis. Il colosso svizzero ha registrato un utile netto di 2,93 miliardi di dollari (il gruppo tiene i libri contabili in valuta americana), in crescita del 49% rispetto ai primi tre mesi dell’anno scorso. Il risultato, fanno tuttavia notare gli operatori, è legato per buona parte alle vendite del vaccino per l’influenza suina, anche se si vedono margini di miglioramento in tutta la filiera dei prodotti.
Per quanto riguarda gli sviluppi futuri del mercato, intanto, gli investitori guardano con interesse a quello che succederà nei mercati emergenti. Secondo una ricerca della società di consulenza IMS Health, infatti, fino al 2014 nei Paesi in via di sviluppo la vendita di medicinali crescerà a una media del 5% annuo fino a raggiungere un valore superiore ai mille miliardi di dollari. Le vendite globali nel 2009 sono salite del 7% rispetto al 2008, sfiorando gli 840 miliardi di dollari. La notizia è buona soprattutto per le grandi case del pharma. “Il fatturato nei Paesi più grandi come Cina e India crescerà del 17% annuo aiutandole a compensare le perdite derivanti dalla scadenza del brevetto di alcuni prodotti” spiega lo studio di IMS che le quantifica in 146 miliardi di dollari all’anno.
L’attacco in grande stile dei generici è previsto per l’anno prossimo quando arriverà nelle farmacie il sostituto della pillola contro il colesterolo della Pfizer Lipitor che, oltre a contribuire al fatturato della casa americana con oltre 11 miliardi nel 2009, è anche il medicinale più venduto nel mondo. A livello di trattamenti, la crescita maggiore, secondo IMS, sarà per i preparati che curano il diabete, il cancro, l’Aids e la sclerosi multipla. Tutte affezioni che richiedono cure costose e per le quali, nelle zone emergenti, esistono pochissimi trattamenti.
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