“Sono tanti in giro per il mondo quelli che assomigliano alla Grecia”. Lascia poche speranze di trovare qualcuno che non rischi il default Rudolph-Riad Younes gestore dei fondi Artio International e Artio International II (entrambi non venduti in Italia) e già vincitore del premio Morningstar come manager dell’anno parlando con l’analista di Mornigstar Jason Stipp (Per vedere l’intervista completa in lingua originale clicca qui). “Il punto fondamentale è che se ci guardiamo in giro, non vediamo Stati che non abbiano problemi di debito governativo simili a quelli ellenici. O anche peggio, partendo dagli Stati Uniti per arrivare al Giappone”.
Il problema, spiega il gestore, è che gli investitori, troppo spesso, si dimenticano di guardare ai valori fondamentali degli asset su cui operano. “Esattamente come è successo per il Nasdaq alla fine degli anni ’90 (quando è scoppiata la bolla Internet, Ndr)”, dice. “Alla fine gli investitori si sono svegliati e si sono comportati come avrebbero dovuto fare anni fa”. Allo stesso modo il mercato nel 2009 ha corso, nonostante alcuni dati fossero davvero pessimi. “E gli operatori alla fine si sono accaniti contro i più deboli”, continua Younes. “In questo caso non sono solo quelli che hanno i peggiori fondamentali, ma anche quelli che non stampano la propria moneta”.
Un altro elemento di debolezza contro cui gli investitori potrebbero accanirsi, è quello politico. “E qui aspettiamo di vedere quale sarà l’esito definitivo delle elezioni inglesi”, precisa il gestore. “Ma potremmo parlare di cattivi fondamentali anche per Stati Uniti e Giappone, insomma tutti quei Paesi dove i governi mostrano delle indecisioni nell’affrontare i loro problemi di bilancio. Solo che, per il momento, tutti sono concentrati sulla Grecia”.
Sembra insomma, che sia imminente un effetto domino su altri Stati e altre Borse. “La cosa che mi ha sorpreso tutte le volte che ci siamo trovati in una situazione del genere è la tempistica con cui reagisce il mercato”, prosegue il manager di Artio. “Se, ad esempio, fra nove mesi ci trovassimo nella stessa situazione con i Treasury (i titoli di stato Usa) questo non mi stupirebbe. Non capirei, però, perché gli investitori ci hanno messo tutto questo tempo ad attaccare gli Stati Uniti”.
Nell’analisi di Younes c’è n’è anche per i mercati emergenti. “Quello che sta accadendo in questi giorni è illuminante per capire l’evoluzione di questo asset di investimento e come mai abbiano fatto bene in questi ultimi anni”, spiega. “Gli Stati occidentali hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi e per questo motivo hanno accumulato un debito enorme. Se questi stessi Paesi ora fossero costretti a rivedere la propria capacità di spesa, questo avrebbe delle implicazioni negative sulle aree in via di sviluppo che a quei mercati vendono le loro materie prime. E la scarsità di domanda a livello mondiale, non potrebbe essere compensata nemmeno in minima parte da quella interna”. Un consiglio su come muoversi in questo scenario? “A livello globale, evitare decisamente i finanziari”, risponde il manager. “Fondamentalmente, meglio avere in portafoglio settori e società che possono sopportare bene la prossima crisi finanziaria. E potrebbe arrivare a breve”.
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