Sono tempi difficili per il comparto finanziario. Mentre banche e assicurazioni si stanno ancora leccando le ferite provocate dalla crisi dei suprime e dalla conseguente crisi finanziari mondiale, negli Stati Uniti sono arrivate le notizie di nuove indagini sul comportamento tenuto dagli istituti di credito, mentre l’Europa deve fare i conti con la tempesta scatenata dalla Grecia. Il risultato è che l’indice Msci del settore a livello mondiale, in un mese (fino al 17 maggio e calcolato in euro) ha perso circa il 3,8%.
Per quanto riguarda gli Usa, la situazione sta sfiorando il penale. Dopo aver messo sotto indagine Goldman Sachs, la procura federale di New York e la Securities and Exchange Commission (l’equivalente americano della Consob) ha aperto fascicoli a carico di Citigroup, Deutsche Bank, JP Morgan Chase e Ubs. Anche in questo caso, gli investigatori vogliono vederci chiaro sul ruolo e sulle responsabilità avuti dalle banche nel piazzare prodotti strutturati su strumenti legati ai mutui immobiliari. In pratica vogliono capire se hanno indotto gli investitori ad acquistare prodotti eccessivamente pericolosi rispetto al loro profilo di rischio. Per il momento si tratta di cause civili, ma la procura federale sta studiando anche i possibili profili penali della vicenda.
Nel frattempo si stanno aprendo anche altri filoni di inchiesta. In particolare gli investigatori scatenati dal procuratore generale Andrew Cuomo vogliono capire se le grandi banche americane hanno fornito false informazioni alle agenzie di rating, spingendole a dare buoni giudizi su strumenti finanziari (anche in questo caso legati ai mutui) che non li meritavano.
Nel Vecchio continente, intanto, le banche cercano di capire quanto hanno in cassa fra obbligazioni greche, spagnole e portoghesi. Secondo la svizzera Bank for International Settlement (un istituto internazionale che promuove la cooperazione fra le banche centrali e fra i maggiori istituti di credito mondiali) le banche europee hanno 2.300 miliardi di euro in crediti a rischio provenienti da Grecia, Spagna e Portogallo. A rassicurare gli investitori non è bastato nemmeno il piano da mille miliardi di euro messo in campo dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Dopo un momento di euforia iniziale, infatti, gli operatori sono tornati a far partire gli ordini di vendere sui titoli bancari. Il risultato è stato che National Bank of Greece, la più grande banca ellenica, in un anno (fino al 17 maggio) ha perso il 42%. In Spagna, Bankinter e Banco Bilbao Vizcaya, hanno lasciato sul terreno più del 30%. Un andamento analogo hanno avuto, in Portogallo, Banco Espirito Santo e in Italia, Intesa Sanpaolo.
Gli investitori sono preoccupati che si arrivi a una situazione simile a quella creata due anni fa dal fallimento di Lehman Brothers, che ha inaugurato ufficialmente uno dei momenti più difficili del comparto finanziario mondiale, culminato con il fallimento di diversi istituti di credito e con l’intervento del governo americano, entrato nell’azionariato di alcune banche.
“Molto dipenderà dalla tempistica con cui l’Unione riuscirà a risolvere il problema della Grecia”, spiega una nota di Morningstar. “Questa tempesta è scoppiata nel momento in cui l’Europa iniziava a dare segni di uscita dalla crisi. Se l’Ue sarà lenta a tamponare la situazione, il mercato perderà progressivamente fiducia e a farne le spese saranno soprattutto i titoli delle banche”.
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