L'Asia non si fa distrarre dalla crisi

La regione può ancora contare sulla forza della Cina che, dopo la discesa, è tornata un'opportunità. Attenzione, dicono gli operatori, all'inflazione.

Marco Caprotti 30/06/2010 | 10:23
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Volatilità e crisi europea non sono riusciti a demoralizzare l’Asia. L’indice Msci della regione (Giappone escluso) nell’ultimo mese (fino al 29 giugno e calcolato in euro) ha guadagnato quasi il 4%. Merito, spiegano gli analisti della forza della Cina e delle prospettive dell’intera area che, nonostante le tempeste degli ultimi mesi (che si uniscono a quelle precedenti scatenate dai subprime) restano intatte.

La Cina ha ancora i numeri
Per quanto riguarda il Paese del Drago, i numeri parlano chiaro. Nel primo trimestre dell’anno l’economia è cresciuta dell’11,9% rispetto allo stesso periodo del 2009. Il consensus degli analisti dice che nel quarto trimestre ci sarà una frenata all’8,5%. L’anno dovrebbe finire comunque con un +10,2, mentre nel 2001 dovrebbe registrarsi un risultato superiore al 9%. “Queste frenate non sono cattive notizie”, spiega una nota di Morningstar. “Il governo cinese sta mettendo in campo una serie di manovre per evitare il surriscaldamento della congiuntura. Per questo sta cercando di dare una calmata alla crescita immobiliare e sta rallentando sulla costruzione di infrastrutture. In pratica, stiamo tornando allo scenario precedente al 2007 quando, alla forte crescita, Pechino cercava di associare un controllo dell’inflazione”.

La Borsa è di nuovo buy
Tutto questo, unito alla revisione al ribasso dell’indice elaborato dal Conference Board nei giorni scorsi, si è tradotto in ritracciamento dei corsi borsistici. Il paniere Shangai Composite, ad esempio, da inizio anno ha perso il 27%, ponendosi dietro alla Grecia fra i peggiori mercati del mondo. Ma secondo gli operatori, anche questa è una buona notizia perché il mercato cinese sta tonando un’ottima opportunità di acquisto. Merito anche della decisione del governo di lasciare (semi)libera la fluttuazione dello yuan che, fino a pochi giorni fa, era legata all’andamento del dollaro. L’ultima volta che Pechino ha fatto una scelta simile (era luglio 2005) ha dato il via a una crescita che, in un anno, ha portato l’indice di Shanghai a crescere del 62%. Una corsa analoga, dicono gli analisti, è prevista da qui alla fine del primo semestre del 2011.

Attenzione all’inflazione
L’intera area asiatica, comunque, sembra avere solide prospettive di crescita. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, l’economia della regione nei prossimi cinque anni crescerà del 50%. “Gli investitori dovranno però tenere d’occhio l’andamento dell’inflazione”, spiega uno studio della società di consulenza Oxford Analytica (OA). “Se è vero che la Cina sta facendo sforzi per contenerli, è anche vero che ci sono altri giganti a rischio, come ad esempio l’India”. Nei 12 mesi chiusi a maggio 2010 questa voce è cresciuta oltre il 10%. “Il futuro per l’intera regione sembra alquanto radioso”, continua lo studio di OA. “Anche se alcuni Paesi avranno difficoltà a gestire la dinamica inflattiva, non mancano le ragioni per essere ottimisti. La corsa della Cina è una realtà che trascinerà il resto del continente permettendo alle diverse valute di apprezzarsi. Questo fatto, da solo, assicurerà un maggiore controllo dell’inflazione. A questo, va unita una crescita modesta delle economie più sviluppate che riuscirà a contenere l’aumento dei prezzi delle materie prime”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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